Che Candy Crush Saga, videogioco per smartphone e Facebook, sia il must del momento è ormai risaputo. Se non ne avete mai sentito parlare è, forse, perché non avete un iPhone, un Samsung, o qualsiasi altro telefono touch dotato di uno store per le applicazioni e una connessione a internet, o, forse, perché non avete Facebook, i social, insomma, siete un po’ sfigatelli e non avete un minimo di vita sociale. O forse, al contrario, avete più vita sociale di tutti quelli che passano la giornata con la testa sullo schermo del telefonino.
Il game è stato sviluppato dalla King.com, il cui fondatore, Riccardo Zaccorni, ha così commentato: “Ci ho giocato molto come con tutti i giochi che pubblichiamo. Candy Crush appartiene a una categoria di giochi, come Tetris o Angry Birds, che sono evergreen e hanno una vita lunghissima. Con King stiamo lavorando a questo tipo di giochi, non c’è solo Candy”. Nel marzo 2013 ha superato FarmVille come il gioco più popolare di Facebook, con una media di 45,6 milioni di utenti al mese.
Qual è il segreto del successo di Candy Crush? Zacconi se l’è sentito chiedere più volte: “Dal 2003 abbiamo sviluppato oltre 200 giochi e dopo un po’ cominci a capire cosa funziona e cosa no. Noi pubblichiamo prima sul nostro sito, poi su Facebook e ora siamo sbarcati sui dispositivi mobili. La cosa importante è fare un bel gioco, intelligente e con una grafica accattivante, ma semplice. Superare ogni livello deve essere una sfida logica” racconta a Wired.it. “Noi in più abbiamo fatto in modo che tu possa giocare ovunque ti trovi: su computer, telefonino o tablet, senza dover ricominciare da capo, ma riprendendo da dove avevi smesso. Ti consentiamo di giocare insieme ai tuoi amici sempre e ovunque. Fino a poco tempo fa si diceva che questo non era importante e soprattutto che era troppo costoso, ma noi abbiamo tratto vantaggio proprio da questo: i nostri giocatori hanno la stessa esperienza ovunque si trovino”.
Il gioco si basa sul “fascino” del “superamento livelli”, sull’avanzata, la scalata verso il successo, e sull’aumentare in modo esponenziale della difficoltà del gioco. Anche se sembra “without any end”, in realtà ogni “step” ha una durata limitata: “Tre minuti ce li hai sempre, è il tempo che ci vuole per avere un cappuccino o quello che passa fra una fermata dell’autobus e l’altra. Testiamo tutti i giochi sulla nostra piattaforma, così quando poi li lanciano nell’universo social siamo sicuri che faranno bene”, spiega ancora Zarconi.
Il successo del “gioco caramelloso” non è l’unico sul mercato dei “social touch game”. Chi non conosce il mitico Ruzzle? Il fascino di questa App è basato sulla combinazione di due o più lettere, ognuna con un punteggio diverso, utile a combinare delle parole di senso compiuto – alcune, mai sentite, anche di dubbia esistenza… Ma si sa, non si smette mai di imparare nella vita.
Più complesse e lunghe sono le parole, più punti prendi: insomma, si vince in base alla cultura, o forse un po’ di più in base alla fortuna, alla velocità delle tue dita sullo schermo, al tempo, sperando di non avere la tendinite dopo 6 partite di fila.
Questi giochi social, la svolta del mondo App, devono il loro successo alla semplicità, al fascino dell’interazione, del challenge. Sono la versione aggiornata 2013 dei classici giochi di società fatti, una volta, in gruppo, durante le serate fra amici, fino a fare nottataccia. Sono la svolta del mondo game, sono peggio di una droga: la dose perfetta per dei tossici di touch in astinenza dalla propria dose giornaliera. In un mondo come questo, in cui si sta sempre più perdendo il fascino dello “stare insieme”; in una vita in cui il “fast” sta prendendo sempre più il posto degli abbracci, dei sorrisi, dei ricordi e della compagnia; in una società in cui il “touch” vince sulle carezze e sulle lacrime, sulle feste e le risate, il mondo App vince e convince tutti e strappa dal mondo dei “vivi” per catapultare le vittime in uno stato di “assenza, attesa, mania, dipendenza”.
Perché non spegnere il telefono e correre nel parco con i propri amici? Perché non chiudere Facebook e prendersi un caffè con la propria migliore amica? Perché non mettere il cervello digitale e la connessione dati su OFF e godersi gli attimi che passano e che non tornano più?