“In collegio a 13 anni ho subito abusi sessuali”, inzia così la lunga intervista di Lapo Elkann al Fatto Quotidiano, l’ex enfant prodije della famiglia Agnelli.
Nei suoi uffici di Italia Indipendent, dove si creano occhiali di tutti i tipi, tra una sigaretta e l’altra, si confessa, quasi a voler liberarsi di un peso, che ha portato da solo per tanti anni. Ha terminato quel percorso che i tragici greci chiamavano pathei mathos, cioè la consapevolezza attraverso il dolore.
Senza quello sciagurato festino con trans e droga, che aveva gettato un’onta sulla sua immagine di giovane imprenditore e sulla sua famiglia, Lapo non avrebbe mai trovato il coraggio di affrontare i suoi demoni interiori.
Il racconto di questa tristissima vicenda comincia dalla decisione della famiglia di farlo studiare in un collegio per i problemi di dislessia, decisione vissuta come una vera e propria punizione. Li’ ha subito abusi sessuali. “Altre persone che hanno vissuto cose simili non sono riuscite ad affrontarle. Il mio migliore amico, che era in collegio insieme a me per quasi 10 anni e ha vissuto quello che ho vissuto io, si è ammazzato un anno e mezzo fa”, dice ancora Elkann.
Continua poi, “voglio che questa storia serva a qualcuno. Sto pensando a una fondazione. Voglio aiutare chi ha passato quello che ho passato io. Parlare è giusto, ma facendo qualcosa di utile, di positivo”.
Ha dovuto fare un grande lavoro su sé stesso, perché, per quanto si possa essere felice e solare, certi traumi ti cambiano, ti segnano a vita. Ed è cambiato Lapo, ha lo sguardo fiero dei sopravvissuti, o meglio, dei survivors, come lui stesso amerebbe definirsi.