Il Festival Internazionale del Giornalismo non si farà più. Viva i festival del giornalismo. Perché quello di Perugia, lo sappiamo tutti, mica era l’unico.
È da ieri che leggo solo commenti dispiaciuti perché la magia, l’entusiasmo, la passione e così via hanno un peso.
Sì, pure sull’informazione. Ma non bastano.
Ci sono stata all’#ijf, nel 2011 sono intervenuta in un panel sul futuro di editori (e edicolanti). C’erano i giornalisti e c’erano i giornalai.
Abbiamo detto un po’ di cose, alcune pure interessanti. Poi è finita lì. E siamo tutti tornati a fare quello che facevamo prima. Come se non avessimo detto nulla d’interessante, di fattibile.
Allora ho pensato a un elenco di cose che il Festival Internazionale del Giornalismo potrebbe fare per salvarsi. Oppure per non farlo.
1. Dire che non c’è più spazio per tutti, per fortuna c’è ancora spazio per quelli bravi, ma bravi davvero.
Spesso qualcuno mi scrive per chiedermi consigli su come diventare giornalista.
A me, poi, che non faccio più ‘sto mestiere da un bel po’.
La mia risposta è sempre la stessa: perché vuoi farlo?
E mi aspetto sempre qualcuno che mi sappia rispondere con una storia da coprire, un caso da seguire, la voglia di cronaca e invece no, tutti mi rispondono che gli piace scrivere. Allora io consiglio di aprire un blog.
2. Smetterla di dare spazio ai blogger: educare i giornalisti.
Di blogger Perugia ogni anno ne è piena, non solo in platea. E si sa ai giornalisti piace poco farsi dire dei blogger come si fa un piano editoriale. Poi se ci lamentiamo che i giornali non cambiano, che gli editori non cambiano e che poi i giornali chiudono e che di giornalisti ne servono sempre meno la colpa è anche di un festival che non è servito a cambiare le cose, che non ha educato giornalisti e editori.
3. Fare downshifting: chiedere meno soldi, usarne meno.
Il festival potrebbe durare meno giorni, avere meno ospiti.
Perché fa scena dire: il budget non basta. Magari, però, non basta per fare una cosa che dura cinque giorni, ma potrebbero bastare per un weekend: breve, intenso, magari più interessante.
4. Unirsi a un altro festival.
C’è quello di Ferrara, quello di Varese e chissà quanti altri all’estero.
Tutti interessanti, no?
5. Spostarsi.
Quest’anno anche la Blogfest ha cambiato città e ne ha guadagnato vita, gente e spazi nuovi.
Se Regione, Comune, Provincia non partecipano, il festival può andare altrove e portare via con sé tutto l’indotto di pernottamenti e pasti che portano migliaia di persone in un posto, com’è successo alla Blogfest.
Tutti bravi a dire che le istutuzioni non si muovono, muovete il festival! Perché no?
Il termometro di quanto un evento abbia funzionato lo dà il numero di località che si offrono sin da ora di ospitare la prossima edizione 🙂
— Gianluca Neri (@gianlucaneri) September 25, 2013
[Credits immagine: Adriana Molas]