Il cinema Eden risorge dalle ceneri come un’Araba fenice. La prima sala cinematografica al mondo ha riaperto il 9 ottobre scorso sul lungomare di La Ciotat, vicino a Marsiglia, nel Sud della Francia, con un’inaugurazione che ne ha confermato lo splendore e l’unicità. Con lei rivive anche il cinema d’autore.
La storia dell’Eden ha inizio nel 1889: teatro, appunto, ma anche sala da ballo e da concerto che nei primi anni del ‘900 si illuminò con il talento di Yves Montand, Fernandel ed Edith Piaf. I fratelli Lumière nel frattempo inventarono “la meraviglia del secolo”, dando inizio a un incanto mai finito. Era il 1895. Con il loro cinematografo girarono parecchie decine di film, molti dei quali nella casa costruita dal padre a La Ciotat durante le vacanze estive, fino alla prima proiezione pubblica a pagamento-il biglietto d’ingresso costava 1 Franco- al Grand Café in Boulevard des Capucines a Parigi, in uno scantinato denominato Salon indien, con 33 spettatori. Tra i film presentati figura “L’arroseur Arrosé”, noto in Italia col nome “L’Innaffiatore Innaffiato”, riconosciuto come prima commedia comica della storia del cinema.
Quello stesso giorno, il 28 dicembre 1895, i Lumière avevano intenzione di lanciare sul mercato la loro invenzione, invitando alla proiezione giornalisti, direttori dei teatri d’arte varia e di illusionismo, maggiormente interessati ad acquistarne i film per la diffusione. Quattro anni dopo sorge il primo cinema con le poltrone e uno schermo su cui proiettare la pellicola. L’Eden theatre diventa il cinema Eden e il 21 marzo 1899 Auguste e Louis proiettarono davanti a 250 spettatori uno dei loro primi filmati, “L’Arrivée d’un train en gare de La Ciotat“, raffigurante l’arrivo della locomotiva nella stazione francese che l’assessore alla Cultura, Jean-Louis Tixier vorrebbe iscrivere nel patrimonio mondiale dell’Unesco. Quasi un minuto di immagini mute in bianco e nero, che avrebbero spaventato a tal punto i presenti da farli urlare e uscire dalla sala temendo che il treno uscisse dallo schermo.
La decadenza iniziò negli anni ’80. L’omicidio per mano di alcuni ladri dell’allora proprietario e la successiva crisi cinematografica, causarono la decisione di aprire la sala una settimana all’anno per il Berceau du Cinéma, un festival dedicato ai film francesi d’epoca. Poi la chiusura definitiva nel 1995, tra le polemiche e il malcontento di appassionati cinefili e abitanti della cittadina francese, che non hanno mai rinunciato a lottare per vedere ancora una volta brillare uno dei simboli della storia del cinema. La loro tenacia è stata ripagata dalle autorità locali che hanno deciso di investire circa sei milioni di euro nei lavori di restauro, affidati all’architetto e scenografo marsigliese André Stern, in occasione della nomina di Marsiglia a Capitale europea della cultura per il 2013.
Le sedute di legno sono state sostituite dalle poltrone in velluto rosso, i pavimenti prima ricoperti di moquette sono ora in legno di quercia e la facciata decò tinteggiata di giallo. Ma la magia rimane intatta.
Nella sala è stato riproposto “L’Arrivée d’un train en gare de La Ciotat“, insieme ad altri film dei pionieri della macchina dei sogni, e nel foyer allestita una mostra permanente sul cinema delle origini, con il contributo del direttore dell’Institut Lumière di Lione, Thierry Frémaux, che ha presentato la collezione, appena restaurata dal suo istituto, dei brevissimi documentari girati dai fratelli inventori in mezzo mondo, dalla piramide di Cheope ai canali veneziani. Nell’Eden è tutta racchiusa la storia del cinema, pronta per essere sprigionata e ammaliare ancora una volta gli spettatori.
In questi stessi giorni, in Francia è stato varato anche un provvedimento che interessa la settima arte: il Governo Hollande, tramite il Ministro della Cultura Aurelie Filippetti ha deciso di ridurre l’Iva dal 7% al 5% sui biglietti del cinema. Un importante passo che valorizza non solamente il cinema, ma la cultura tout court poiché la stessa cosa era già stata fatta per i libri e il teatro, come ha specificato il ministro francese.
L’italia, invece, resta a guardare. Il cinema piange, soprattutto quello d’essai. Il settore del cinema d’autore, volto a privilegiare il valore artistico, formale, di sperimentazione e impegno sociale di una pellicola andando oltre il mero intrattenimento diretto a esigenze di consumo di massa, sta attraversando un periodo buio. Nel 2013 le presenze nelle sale d’essai sono diminuite del 2,5%. Un aspetto da non sottovalutare è il problema della stagionalità, ovvero della tendenza a concentrare le uscite dei film di qualità in pochi mesi, accorciando notevolmente la stagione :“Per il settore d’essai permane, anzi si aggrava, la tendenza a concentrare in pochi mesi tutto il prodotto di qualità, con gravi ripercussioni sull’esercizio e sul pubblico”, così Mario Lorini, presidente della Fice, Federazione italiana cinema d’essai, commenta i dati diffusi nell’ambito degli Incontri del Cinema d’essai. In verità è tutto il cinema italiano a essere in crisi, senza differenziazioni tra film di qualità e commerciali. Rispetto al 2010, quando ci fu l’ultimo boom di presenze nei cinema grazie all’avvento del 3D, oggi si registra una diminuzione del 20% di spettatori. Il mercato stagnante danneggia produttori, attori registi e proprietari e gestori delle sale.
In Italia, i contributi statali vengono assegnati a quelle sale che proiettano film di qualità e rispettano i criteri imposti dal Ministero di avere in cartellone, per almeno due anni, film d’essai italiani ed europei, rispettivamente, per almeno il 70% e il 35% della programmazione. “Veri e propri presidi sociali e culturali disseminati sul territorio italiano senza soluzione di continuità, in prima linea – spiega Lorini – per soddisfare l’esigenza di una diversità culturale nell’offerta cinematografica”. Un’offerta sostenuta dal Ministero, che tuttavia, non è sufficiente ad affrontare le continue sfide che attendono le sale di qualità, prime fra tutte quelle contro le multisala, che, a detta di Lorini, non sono da esecrare, e contro la pirateria, “Che in Italia non si prova nemmeno a combattere”. E ancora ci sono le pay tv, i dvd che escono a distanza sempre più ravvicinata dalla proiezione nelle sale.
Il cinema d’autore ha un sempre più crescente bisogno di attenzione e sostegno istituzionale per fare fronte al processo di digitalizzazione delle sale con i relativi problemi, la sfida in assoluto più impegnativa. “Si tratta – spiega Lorini – di una rivoluzione epocale. Entro il 31 dicembre, salvo slittamenti, sparirà la pellicola e ci sarà il passaggio definitivo al digitale. Le sale dovranno dotarsi delle strumentazioni necessarie. Questo comporterà costi e investimenti, che non tutti sono in grado di sostenere”. Il 60% delle sale italiane ha fatto la conversione al digitale e sono soprattutto multiplex, gestite da manager interessati agli investimenti e non alla magia dello spettacolo cinematografico come i gestori dei cinema d’essai. È ipotizzabile la chiusura di numerose altre piccole sale che andranno ad aggiungersi a quelle 800 che nell’ultimo decennio hanno spento le loro insegne luminose.
Sbagliò Antoine Lumière, pittore, fotografo, uomo d’affari e padre di Auguste e Louis, a pensare che il cinema fosse “un’invenzione senza futuro”? Sì, sbagliò. La crisi di oggi non può fare dimenticare che l’ideazione del cinematografo ha rivoluzionato il panorama artistico, imponendosi culturalmente a ogni livello sociale come la più grande meraviglia mai inventata.