«Ho visto le migliori menti creative distrutte dalla pazzia», si legge all’inizio della poesia “L’Urlo” di Ginsberg. Ma in fondo la storia ci insegna che non si diventa genio senza un pizzico di follia, senza ribellarsi ai pregiudizi e alle sovrastrutture della società. E’ così che Jack Kerouac, William Burroughs e Allen Ginsberg sono diventati le icone della Beat generation, rifiutando ogni regola imposta e vivendo la vita in tutti i suoi eccessi. Ciò si rifletteva nel loro modo di scrivere, spontaneo, dirompente, scandaloso, libero da ogni convenzione stilistica ed estetica.
Prima di diventare un movimento letterario, la Beat Generation è la storia di un’amicizia nata nella primavera del 1944, quando a New York uno studente della Columbia University Jack Kerouac conosce, grazie all’amico comune Lucien Carr, William Burroughs e Allen Ginsberg. Quell’incontro segna un momento importante nelle loro esistenze, ma è un evento drammatico che ne consolidò il sodalizio artistico: un brutale omicidio che anni più tardi confluirà nel romanzo “E gli ippopotami si lessarono nelle vasche” scritto da Kerouac e Burroughs nel 1945, e pubblicato solo nel 2008.
E’ da questo libro che John Krokidas ha tratto l’ispirazione per realizzare la sua appassionata opera prima. “Giovani Ribelli” (titolo originale “Kill your darlings”), vincitore delle Giornate degli Autori alla Mostra del Cinema di Venezia 2013, va all’origine della Beat generation, cogliendo quel crogiolo emotivo in cui si sono incontrate e formate queste menti geniali. Prima che tutto avesse inizio insomma, quando, ancora ignari del peso che avrebbero avuto in futuro, erano solo giovani e inesperte matricole che girano per New York senza una meta, tra brainstorming letterari a base di alcol e droghe, musica jazz e passioni gay.Quando arriva alla Columbia University di New York, Allen Ginsberg (Daniel Radcliffe) è un giovane poeta in erba, sensibile ma anche radicale nel rifiutare ostinatamente le convenzioni dei padri della letteratura imposte dal rigido ambiente accademico.
L’incontro con Lucien Carr (un Dane DeHaan che ricorda Di Caprio in “Poeti all’inferno”), con il quale instaura da subito un profondo e ambiguo legame di amicizia, gli sconvolgerà l’esistenza. Completamente soggiogato dal fascino del giovane, l’ingenuo e timido Allen viene introdotto nell’appartamento di David Kammerer (Michael C. Hall) frequentato da scrittori bohémien anticonformisti e assetati di sregolatezza e trasgressione. Qui Ginsberg conosce Jack Kerouac (Jack Houston) e William Burroughs (Ben Foster). Ispirati dalla poesia di Walt Whitman e della “setta dei poeti estinti”, Allen, Jack, William e Lou danno vita al “Libertine Circle”, un circolo intellettuale di sperimentatori che sognano una “Nuova visione” della poesia liberata dai vincoli della metrica. La gelosia morbosa di Kammerer per Carr, però, destabilizzerà il gruppo fino ad un tragico epilogo che segnerà inevitabilmente il destino dei poeti ribelli, costringendoli a prendere in mano la loro vita per farne qualcosa di grandioso.
Definito dalla critica «il nuovo Attimo fuggente», il film di Krokidas – a parte un certo rifiuto del mondo accademico e qualche riferimento a Withman – in realtà ha poco a che fare con la pellicola firmata da Peter Weir nel 1989. La pellicola d’esordio di Krokidas è piuttosto il ritratto di una generazione di ragazzi allo sbaraglio, incompresi, assillati dal bisogno urgente di esprimersi, che si muovono ancora incerti, senza “capitani” ad indicare la giusta direzione da prendere ma convinti di poter cambiare il mondo. Solo avendo il coraggio di uccidere se stessi, di allontanarsi da un porto sicuro, per poter rinascere, crescere, come sembra suggerirci il titolo originale “Kill your darlings” (letteralmente “uccidere i propri cari”).
Con un montaggio serrato, funzionale al crescendo drammatico, il racconto di iniziazione estrema alla vita degenera presto in quello di una torbida storia d’amore a forti tinte noir anni ‘40, che non lesina su scene esplicite di sesso omosessuale. Il ricorso a scelte stilistiche innovative, come flashback/flashforward, ralenti e fermo immagine, per riprodurre la “nuova visione” dei poeti beat sono deviazioni dal genere che contaminano la genuinità di quest’opera prima, tutto sommato convincente. Come convincente è il cast guidato da Daniel Radcliffe che continua a costruirsi una propria credibilità attoriale, lontana da quel personaggio ingombrante che lo ha reso celebre (al pari della collega Emma Watson in The Bling Ring), con una performance matura e di spessore; non sono da meno Dane DeHaan, che con la sua fisicità incarna alla perfezione la figura dell’anti-eroe maledetto e ambiguo, e Michael C. Hall che svestiti i panni dell’assassino in Dexter, qui abbraccia il ruolo dello stalker, e al contempo di vittima sacrificale.