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Categorie: Cultura

Il ‘no’ dell’Idaho a ‘La vita di Adele’

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Stephanie Barone

Ancora polemiche sul film vincitore della Palma D’Oro all’ultimo Festival di Cannes, “La vita di Adele” del regista franco-tunisino Abdellatif Kechiche. La pellicola infatti, presentata in anteprima al festival francese e che ha riscosso molto successo tra la critica, è nelle sale francesi dal 9 ottobre e sarà in quelle italiane dal 24.

Negli USA uscirà invece il 25 ottobre ma pesantemente censurato dal MPAA (Motion Pictures American Association); infatti sarà vietato ai minori di diciassette anni. Inoltre non sarà visibile nello Stato dell’Idaho che lo ha bandito dalle sale cinematografiche “per contenuti sessuali espliciti”. L’Idaho non è nuovo ad una censura molto rigorosa; ricordiamo infatti quella applicata agli ultimi due film della saga del maghetto Potter, vietato ai minori di quattordici anni.

Il film, ispirato alla graphic novel di Julie Maroh “Il blu è un colore caldo”, racconta della quindicenne Adele (interpretata dall’attrice rivelazione Adele Exarchopoulos) che sogna l’amore e desidera viverlo con il giovane Thomas al quale presto si concede ma si rende anche conto che non c’è alcuna passione nel loro rapporto. Resterà affascinata invece dai capelli blu dell’alternativa Emma (Lea Seydoux), che studia Belle Arti, e con la quale conoscerà l’amore, la passione e il desiderio.

Un amore saffico quindi quello raccontato da Kechiche, noto per i complessi personaggi femminili dei suoi film da “Cous Cous” a “La Schivata”, il quale però sottolinea temi che ben si adattano ad ogni rapporto; “La vita di Adele” mette in luce due giovani di fronte ai primi sentimenti dirompenti, al bruciante desiderio di scoprire spiritualmente e carnalmente l’altro. E di carne il film ne mostra parecchia; mai volgari o morbose le scene di nudo secondo la critica, ma la censura statunitense è evidentemente più rigida.

Altra polemica che si è sviluppata nei cinque mesi trascorsi tra la vittoria a Cannes e l’uscita nelle sale è quella tra il regista e le attrici protagoniste e i tecnici. Il cast infatti si è spesso lamentato dei ritmi di lavoro voluti da Kechiche, che ha ripreso fino a sedici ore al giorno. A detta delle giovani protagoniste girare per intere giornate scene di sesso era veramente sfinente, non tanto fisicamente quanto emotivamente. Il regista replica sostenendo che questo è il suo metodo di lavoro; ritiene infatti che alcune scene riescano al meglio solo quando gli attori sono completamente sfiniti e si lasciano finalmente andare.

Aspettando l’uscita nelle sale, il trailer italiano:

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Stephanie Barone