Escape from Tomorrow è la pellicola, in bianco e nero, che funge da trampolino di lancio per il regista emergente Randy Moore. Il film racconta il magico mondo di Disneyland con un tocco dark e totalmente anomalo rispetto all’atmosfera spensierata che si respira nella città dei sogni.
Escape from Tomorrow descrive la progressiva perdita di lucidità in cui finisce Jim (Roy Abramsohn) durante una visita a Disneyland con la sua famiglia. L’uomo si trova al centro di un parco tematico diventato teatro dei crimini più efferati.
Durante le diverse interviste fatte a Randy Moore sul film, ha raccontato come in realtà la pellicola non è altro che una storia autobiografica: l’ispirazione gli è giunta una volta andato a Disneyworld con la sua famiglia. La moglie è un’infermiera che lavora nei reparti di psichiatria e durante la giornata le ha ripetuto di aver visto più scene raccapriccianti in quella breve giornata che in un mese di turno sul suo posto di lavoro. Il film non è altro che una giornata a Disneyland vista dagli occhi della sua consorte.
Il film è ambientato in più parchi tematici, da Anaheim ad Orlando, grazie a uno straordinario lavoro dell’intera troupe che è riuscita a mimentizzarsi tra i turisti grazie alle piccole telecamere digitali facilmente reperibili in commercio. Moore comunicava con attori e cast tramite cellulare, un qualcosa di assolutamente insolito che ha reso l’intero lavoro ancora più interessante.
Il motivo di tanto segreto sta nella impossibilità di recepire un’autorizzazione da parte dei direttori del parco tematico, in quanto avrebbe macchiato di sangue una città da sempre paradiso dei più piccini; nonostante tutto, alla presentazione dello spettacolo al Sundance film festival, la Disney non ha esposto alcuna denuncia per non aver pagato i diritti d’utilizzo delle immagini del parco, anzi, ha subito precisato di esserne al corrente da tempo. Il tutto, vero o falso che sia, sembra sia stato escogitato per non regalare eccessiva pubblicità al film.
In America, Escape from Tomorrow si trova on demand ed è stato proiettato in alcuni teatri, seppur con alcune restrizioni sui loghi e sui riferimenti al parco tematico. L’unico dettaglio di Disneyland che si riconosce nella locandina è un guantone bianco insanguinato, che ricorda come stile quelli portati da Topolino. E’ un film totalmente low cost, ma nonostante tutto destinato a far scalpore molto più dei kolossal miliardari.
Al Daily Freeman, Moore racconta di non avere avuto l’intenzione di girare un guerrilla-movie, cioè un film che facesse scalpore, ma un film che mostrasse il lato oscuro delle cose belle, in quanto lo stile del film viene proprio dalla storia e non c’è alcun modo alternativo per farlo.
Continua, ancora: “Noi crediamo che il film si debba interpretare come la parodia di un giorno idilliaco al Disney World. L’essere marchio è una parte della nostra cultura e si ritrova ovunque. La stessa cosa è per la Disney. Loro sono così ubiquitari, tanto da non darti modo di scappare nemmeno se volessi.”
Il trailer del film è presente al momento solo in lingua inglese, ma non si escludono traduzioni italiane dell’intero film nel prossimo futuro.