Molti sanno cosa sia un crowdfunding, senza però saperlo. Non si tratta d’altro che di una raccolta fondi, lanciata da qualcuno che ha bisogno di liquidità per promuovere un progetto, finanziare una ricerca o realizzare un prodotto, e che sfrutta il rapido passaggio di informazioni delle piattaforme del web per reclutare soci che vogliano investire un capitale, in cambio di una ricompensa che può equivalere a campioni di prodotti gratuiti o a quote amministrative che rendono partecipi della sorte dell’investimento.
Si tratta quindi di un finanziamento collettivo, che parte del basso, per sostenere un progetto che si crede potrà portare ad un buon profitto. Spesso il crowdfunding, viene infatti impiegato per finanziare pellicole cinematografiche o documentari che trattano di tematiche scomode e di denuncia, e che quindi soffrono la mancanza di coraggio di un produttore. Per far sì che i possibili finanziatori decidano di investire i propri soldi nel progetto, occorre avere allora un’idea originale e creativa, che assicuri un guadagno attrattivo per i contribuenti, sia in termini di tempo che di malloppo. Senz’altro dunque, è un metodo di finanziamento che lascia poco spazio alle raccomandazioni e alle tecniche arrivistiche che ad oggi sono l’autostrada, sempre più imbottigliata, per poter giungere al successo.
Messa così, la situazione sembrebbe indeclinabile. In tempo di crisi, chi presterebbe dei soldi a uno sconosciuto, con la probabilità che il suo progetto potrebbe risultare fallimentare? Tanto vale giocare d’azzardo. Eppure, funziona. E lo si può comprendere dal sito kickstarter.com, baluardo delle piattaforme crowdfunding, dove dei 49.000 progetti presentati, il ben 44% ha centrato l’obiettivo prefissato. In realtà c’è crowdfunding ogni volta che a causa di calamità naturali, i programmi televisivi, giornali e personaggi dello spettacolo mettono a disposizione la propria popolarità per raccogliere fondi, non si tratta perciò di un vera e propria innovazione, che comunque è diventata popolare a partire dagli anni 2000.
Gli esempi di campagne portate a buon fine sono diverse, e vanno dal beneficio del patrimonio culturale alle più fantasiose necessità personali. Perfino il celeberrimo museo del Louvre è ricorso a questo tipo di prestito per acquistare il dipinto delle “Tre grazie” di Cranach, del valore di un milione di euro e di proprietà di un collezionista privato. Ma il finanziamento collettivo ha dato ottimi risultati anche nel campo della ricerca applicata a tecnologie: tra i casi più recenti vi è quello della stampante 3D Form 1, i cui progettisti sono riusciti a raccogliere in un solo mese la considerevole cifra di 2 milioni 945mila dollari, con la promessa di piazzarla alle vendite a un prezzo di mercato accessibile al consumatore medio.
Tendenzialmente il crowdfounding ha buone probabilità di riuscita, quando si tratta di finanziare progetti piccoli, ma soprattutto delimitati nel tempo. Dalle stessa piattaforma kickstarter, si evince che sorpassato il tempo massimo di 60 giorni, la sponsorizzazione si riduce portandosi dietro lo strascico di sempre minori contributi di capitale sociale. Lo sa bene l’antropologa statunitense Kristina Killgrove, che ha dedicato per due mesi due ore al giorno, alla sponsorizzazione sui diversi canali web per il suo studio intitolato Ancient Roman DNA Project. I fondi erano necessari per lo studio del DNA degli scheletri ritrovati nelle necropoli romane, per risalire ai flussi migratori avvenuti nei tempi antichi. Non di impellente necessità, potranno pensare alcuni.
Chissà cosa penserebbero allora della sessantottenne signora newyorchese Karen Klein, autista di un pulmino scolastico, che ha diffuso in rete un video che la vedeva protagonista di ingiurie e mobbing da parte dei ragazzi che trasportava. La povera signora aveva aperto dunque un progetto sul sito crowdfunding IndieGoGo dove chiedeva 5.000 dollari, utili per potersi concedere una vacanza depurante per i maltrattamenti psicologi subiti. Ebbene, la signora Killgrove è riuscita a raggiungere l’impensabile somma di 700.000 dollari che ha devoluto in parte per la fondazione di un’associazione contro il bullismo. Insomma, meglio del SuperEnalotto.
[Fonti: Linkiesta, Professione Antropologo]