Vent’anni di Inter. Vent’anni di gioie e delusioni, trionfi e sconfitte, cadute e rivincite. Javier Zanetti sfoglia le pagine della sua carriera e si racconta attraverso “Giocare da uomo“, l’autobiografia scritta col giornalista Gianni Riotta che uscirà il 15 ottobre in tutte le librerie. E lo fa a poche settimane dal suo ritorno in campo, dopo quel maledetto infortunio al tendine d’achille che lo tiene lontano dai campi dalla scorsa stagione. Aneddoti, curiosità, segreti: il campione argentino mette da parte la timidezza e ripercorre la sua vita da calciatore al servizio di una bandiera che da quasi vent’anni porta gli stessi colori.
“E’ un amore infinito, che penso rimarrà tale. Non smetterò mai di ringraziare la famiglia Moratti e i tifosi per tutto l’amore che mi hanno dato dal primo giorno. L’Inter è un’altra famiglia che amo davvero“. Fu infatti lui il primo acquisto dell’era Moratti, in quel lontano luglio del 1995, quando il nuovo presidente dell’Inter annunciava di aver portato in Italia un giovane centrocampista argentino senza un capello fuori posto e con il vizio delle galoppate palla al piede di cinquanta metri. Sono passati quasi 19 anni e Zanetti è ancora lì, pronto a rientrare con lo stesso entusiasmo del primo giorno nella sua Inter, quasi sicuramente orfana di Massimo Moratti, il suo padre calcistico.
Nelle sue riflessioni c’è spazio per tutti: da Mourinho “un vincente che cura tutti i dettagli. Con noi ha fatto due anni che rimarranno nel cuore di tutti gli interisti“, a Mancini “l’allenatore con il quale abbiamo iniziato il nostro ciclo, ha fatto un grandissimo lavoro“; da Cuper “mi è dispiaciuto tantissimo come è finito il suo legame con l’Inter, era una persona molto seria e capace nel suo lavoro, ha pagato il 5 maggio” a Tardelli “con lui è stata un’annata difficile, perdemmo il derby 6-0 e si ruppe qualcosa. Non so se è stato davvero il peggiore, è quello con il quale ho legato di meno“, senza dimenticare Walter Mazzarri, paragonato a Cuper per la dedizione al lavoro e per come vive le partite: “cura molto i particolari, credo che sia un allenatore che ti fa lavorare tanto ma poi alla domenica si vedono i risultati“.
E poi la notte di Madrid, quell’indimenticabile 22 maggio in cui alzò la Champions League, nell’annata storica del Triplete. “Quando ho portato la coppa nello spogliatoio l’ho appoggiata a terra e le dissi: ‘Ti inseguivo da tanto tempo e ora sei fra le mie braccia’. E’ stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita, capivo l’importanza di questo traguardo“.
Duecento pagine che raccontano la leggenda di Buenos Aires, la sua infanzia tribolata in Argentina, l’approdo in Italia, le sue 145 presenze con la maglia della Seleccion e le 845 con la maglia dell’Inter. Duecento pagine che raccontano la storia di un calciatore, prima uomo, poi campione.