Alzi la mano chi di noi non abbia mai sorriso leggendo le epiche gesta goliardiche di Antonio Cassano. Simpatiche, quasi assurde, ma irrisorie rispetto a quanto si possa scoprire spulciando, senza particolari ricerche, tra le storie del basket Nba.
Il protagonista del nostro approfondimento è Micheal Beasley, attualmente accasato nella calda Florida, in maglia Miami Heat: giocatore completo, entusiasmante per la commistione tra atletismo e tecnica, sconvolgente per la facilità e il modo in cui stia cercando di sperperare il suo enorme potenziale.
L’ultima delle tante bravate ha dell’incredibile. Partita di pre-season contro i Detroit Pistons; dopo un banale errore in attacco, Beasley, detto anche The Beast, tornando verso la propria lunetta inizia ad autoinfliggersi una punizione corporale, colpendosi ripetutamente la testa con pugni e schiaffi. Staff e giocatori in campo esterrefatti, con Micheal che dopo qualche secondo si avvia verso la panchina, chiedendo l’aiuto del medico del proprio team. Se si trattasse di un altro giocatore, ci sarebbe da meravigliarsi, ma l’autolesionismo e le capacità di autodistruzione del prodotto di Kansas State rendono l’episodio quasi normale.
Beasley venne scelto da Miami nel draft 2008, con la seconda chiamata assoluta, subito dopo Derrick Rose, stella di Chicago. Pat Riley, storico dirigente degli Heat, puntò deciso sul giocatore nativo del Maryland, convinto che il suo enorme talento, potesse ben sposarsi con le caratteristiche del giocatore franchigia di Miami, Wade. 208 centimetri di capacità cestistiche innate; un’ala grande con la mobilità e l’eleganza di una guardia; mano sinistra di seta, e spavalderia da vendere. Ma tutto ciò non fu sufficiente perché il connubio con la squadra di Miami potesse funzionare a lungo.
Dopo sole due stagioni infatti uno scambio di mercato lo portò nella fredda Minneapolis, per vestire la casacca dei Minnesota T-Wolves. Nuovo giro, nuova corsa: grandi attese mai ripagate, con un condotta fuori dal campo sempre oltre il limite: Beasley venne fermato per eccesso di velocità nel giugno del 2011 dalla polizia di Minneapolis e trovato in possesso di sostanze stupefacenti. La sua passione per il giardinaggio illegale era ben nota ai piani alti della Nba, dato che il giocatore venne colto sul fatto anche ai tempi di Miami, ma a nulla valsero le promesse di redenzione, le multe e l’inserimento in programmi di riabilitazione, nel disperato tentativo di recupero di una delle tante stelle, destinate ad una rapida discesa nel baratro della perdizione.
La carriera di Beasley, seppur ancora giovanissimo, sembrava ormai giunta al capolinea, ma al termine del suo contratto con i T-Wolves, nel 2012, arriva la chiamata dall’Arizona: i Phoenix Suns gli offrono un ricco contratto triennale da 18 milioni di dollari. Progetto giovane e ambizioso, che sembra perfettamente adatto al reinserimento di Beasley nella Nba che conta. L’illusione di aver trovato una soluzione all’enigma dura poco, anzi pochissimo: dopo una stagione fallimentare per lui e il suo nuovo team, The Beast ricade in tentazione, e le autorità di Scottsdale, Arizona, lo fermano trovandolo nuovamente in possesso di sostanze illegali.
I Suns lo tagliano senza pensarci troppo e il giocatore si ritrova solo, senza squadra, perso nel marasma dei suoi problemi personali. Il mondo Nba sembra ripudiarlo, nonostante le potenzialità siano lì tutte da vedere; una delle tante vicende umane, in un pianeta come quello del basket a stelle e strisce, in cui storie di devianti e deviati come Micheal Beasley, sono all’ordine del giorno. Gli appassionati del gioco sperano in un ingaggio da parte della propria squadra del cuore, del ribelle del Maryland, consapevoli che se dovesse girar pagina, e trovare la giusta dimensione, potrebbero ritrovarsi con un campione vero. Un giocatore completo, abbacinante per fantasia e tecnica.
Quando ormai tutto sembra perduto,di nuovo, torna a squillare il telefono di Beasley: a chiamarlo e offrirgli l’ultima possibilità sono gli stessi Miami Heat, che lo scelsero investendo su di lui aspettative e speranze. Un acquisto a basso costo che se dovesse funzionare, renderebbe Pat Riley, ancora più popolare e apprezzato nel panorama del basket americano. Il giocatore appare subito motivato e deciso a ripagare la fiducia riposta in lui, e sembra tutto filar liscio, fino alla scorsa notte, quando il passeggero oscuro che risiede stabilmente nella mente di Micheal è tornato a fargli visita; sperando, da grande fan dello specimen, che sia un semplice episodio, e che il giocatore possa trovare l’appagamento richiesto per diventare finalmente una stella Nba.