Dopo la squalifica di San Siro per la partita tra Milan-Sampdoria, successiva ai cori discriminatori rivolti da una frangia di tifosi rossoneri alla città di Napoli e ai tifosi della squadra partenopea nel corso del match di Torino con la Juventus, gli ultras di alcune delle più importanti società italiane (tra cui gli stessi napoletani) si sono coalizzati contro la norma che punisce la discriminazione territoriale, definita ingiusta ed eccessivamente punitiva. Un fatto che ha pochi precedenti, visti soprattutto i rapporti non idilliaci tra le tifoserie delle squadre interessate.
Già da domenica, prima della partita Napoli-Livorno nella curva sud del San Paolo erano apparsi striscioni auto-insultanti (tra cui l’ormai celebre “Napoli colera e adesso chiudeteci la curva anche a noi”), seguito da cori tipicamente intonati dalle tifoserie avversarie. In un primo momento qualcuno aveva pensato a una forma di disprezzo nei confronti degli ultras milanisti, visti i fatti del giorno prima. Invece la situazione si è rivelata ben diversa: la protesta voleva essere una forma di vicinanza alla tifoseria rivale, colpita da una sanzione ritenuta esagerata.
Nella notte tra il 7 e l’8 ottobre è apparso un comunicato stampa sul sito della curva rossonera, nel quale si applaude all’iniziativa dei tifosi della curva sud azzurra e che inizia in questo modo:
“Benvenuti nel Paese dove la goliardia e lo sfottò sono motivi di sanzioni che limitano la libertà. In Italia si assiste in questi giorni alla messa in atto di una ridicola interpretazione della legge che ci rende i protagonisti di un attacco insensato e ingiustificabile. E proprio nel weekend in cui la tifoseria napoletana celebra, con notevole senso di mentalità e autoironia il fattaccio (la nostra curva è stata chiusa) sfidando di fatto i sedicenti esperti e facendo loro vedere quanto false e ridicole siano queste accuse“. In seguito si parla della legge contro il razzismo, della quale si accetta la legittimità, ma solo fino a un certo punto: “Il problema è che sul termine ‘ogni forma’ si sta passando dalla ferma condanna di un fenomeno, per quanto ci riguarda inaccettavile, quale è il razzismo, all’impossibilità di essere goliardici, acidi e persino maleducati“.
Il principale nodo sta quindi nell’equiparazione tra quello che viene considerato un insulto goliardico e l’insulto razzista. Il “razzismo territoriale” potrebbe quindi diventare il collante che unisce le curve di tutta Italia contro le istituzioni del calcio, visto anche l’appello rivolto a tutte le principali curve, invitate a unirsi alla protesta. Invito già raccolto anche dalla tifoseria dell’Inter e più tardi da quella della Juventus, che hanno comunicato la loro intenzione di aderire alla protesta. Proprio la frangia nerazzurra invita esplicitamente le altre curve a intonare cori discriminatori, per dare vita a una serie di squalifiche a catena: “siamo pronti e auspichiamo che tutte le curve facciano cori discriminanti per arrivare ad una domenica di totale chiusura degli stadi“.
Insomma, l’obiettivo chiaro è quello di creare un danno d’immagine (ed anche economico) al calcio italiano, sfruttando le regole che impongono la chiusura degli stadi in caso di cori discriminatori per creare un meccanismo di squalifica a catena. In questa paradossale situazione le società di calcio e la Figc dimostrano una certa differenza di vedute. Milan e Lazio, squadre direttamente coinvolte nella situazione viste le squalifiche ricevute, per bocca di Galliani e Lotito hanno espresso una certa contrarietà alla norma. Entrambi hanno affermanto che per come è stata recepita dalla Federazione italiana rischia seriamente di rendere le società ostaggio di pochi facinorosi. In loro appoggio è intervenuto anche Maurizio Beretta, presidente della Legacalcio. Abete (presidente della Figc) invece, in un’intervista rilasciata ieri, ha ricordato che la discriminazione territoriale, nel codice di giustizia italiano, è presente da tantissimo tempo ed è stata varata congiuntamente da tutte le componenti, dicendo poi che “c’è una linea di indirizzo della Uefa, che tende a tutelare comunque la dignità della persona umana tale che anche le decisioni assunte per Lazio-Legia Varsavia ( turno a porte chiuse in Europa League dopo i cori offensivi rivolti ai polacchi) sono collegate a delle frasi che non avevano una logica discriminatoria in quanto tale”.
Il presidente federale lascia comunque uno spiraglio, spiegando che “è utile, opportuna e doverosa una riflessione sulle modalità applicative, mi sembra sia fatto un fatto fisiologico e naturale, ma il quadro normativo è delineato e non è frutto di una autonoma decisione della federazione ma in qualche modo di un sistema di contrasto che è stato recepito a livello internazionale”.
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