I riflettori del San Paolo da anni illuminano un azzurro più intenso di quello del cielo che li sovrasta. Ma il 15 ottobre, per la prima volta, si accenderano su una silenziosa marea nera, che dovrebbe invadere lo stadio in occasione della partita di qualificazione ai mondiali del 2014, Italia-Armenia. Infatti, quella che doveva essere una provocazione ha, nel giro di poche ore, suscitato tanto favore su facebook che si è trasformata in un evento vero e proprio, il San Paolo in lutto. Tutti vestiti di nero e in silenzio all’ingresso delle squadre in campo.L’idea è stata di Irene De Crescenzo, una giovane avvocatessa di Frattaminore, uno dei paesi della terra dei fuochi, che ha rilasciato a Bloglive una breve, ma appassionata intervista, ennesima dimostrazione di quanto sia forte la volontà di impedire che in questi luoghi venga avvelenata anche la speranza.
Come nasce questa iniziativa?
Per la realizzazione dell’evento ho preso spunto dalla proposta di un ragazzo, Dario, con il quale si discuteva su quale iniziativa potesse avere maggior impatto emotivo. Quando ho letto che proponeva di vestirsi di nero alla partita della nazionale a simboleggiare quel male che sta affliggendo tante persone nei nostri territori, ho preso coraggio e mandato inviti a tutti i miei amici. Nel giro di poche ore c’è stata una tale condivisione che sono rimasta incredula. Ho avuto la dimostrazione di quanto questo sia un grande popolo.
Dopo che la tua proposta è stata trattata da tanti quotidiani, le adesioni sono aumentate vertiginosamente. Come stai vivendo questo momento?
Sento che tante persone credono in me e avverto il peso della responsabilità di non deluderle. Ogni giorno verso lacrime, insieme a tutti gli altri, per gente che muore o di leucemie o di cancro, per mamme che non posso avere figli a causa di patologie provocate da questo inquinamento, per bambini che muoiono prima ancora di capire cos’è la vita. Cosi mi sento utile. Punto. Sto ricevendo tanti messaggi, mi hanno contattato già tante persone per darmi coraggio, questa è attualmente la mia motivazione ad andare avanti e non arrendermi.
Protestare in occasione dell’arrivo della nazionale a Napoli è un modo per ricordare che i nostri problemi non sono locali, ma di tutto il Paese?
Quello che viene proposto è un lutto. Niente urla, nessuna moina, noi abbiamo chiesto e chiediamo a tutti coloro che andranno a vedere la partita Italia- Armenia di vestirsi di nero, indossare una mascherina e restare in silenzio durante l’entrate delle squadre. Sarebbe fantastico se ci fosse una partecipazione della fgci, autorizzando la squadra a giocare con il lutto al braccio. Vengono a casa nostra, noi siamo un paese in lutto, ci stiamo decimando e ci hanno tolto tutto : aria, acqua, cibo. A questo proposito, non riesco a condividere l’altra iniziativa che concerne il fischiare l’inno, mi domando a che pro? Per passare come i soliti napoletani? Spero vivamente in una marcia indietro e un addivenire a miti consigli anche per il rispetto che dobbiamo ai nostri tanti, troppi, morti. E’ in lutto tutta la nazione e mi preme ringraziare le persone di altre regioni, che mi stanno aiutando a reclamizzare l’iniziativa.
Don Maurizio è riuscito, dopo anni di isolamento, a risvegliare le coscienze e a suscitare l’interesse della politica e dei media sul problema ambientale in Campania. Se ci sono iniziative come la vostra è anche merito suo.
Don Maurizio è un prete, che è riuscito ad unire un popolo ed è diventato un simbolo proprio per questo. Le sue parole oggi sono ascoltate anche da chi non è cattolico. Tutte le sue iniziative oggi riescono ad avere risonanza perché non é più solo, la gente ha cominciato a capire e stiamo cercando di alzarci tutti insieme, compatti. Chiedo alle altre organizzazioni, a don Maurizio, al dottor Marfella di abbracciare anche questa iniziativa. Abbiamo bisogno di loro per dare più forza alle nostre idee, per gridare il nostro No all’inceneritore a Giugliano. Spero che questa iniziativa possa fare da monito per la realizzazione di un piano regionale dei rifiuti, e quello delle bonifiche controllato dai cittadini, dalla gente che in quei luoghi ci vive e ci muore ogni giorno. Il rischio è che, dopo averci avvelenato, la camorra, attraverso politici collusi e colletti bianchi, possa lucrare sulle bonifiche.
Le partite di calcio si vincono e si perdono. Ci sono sfide, invece, che non si possono assolutamente perdere, come quelle per la vita. A tutti i presenti il 15 ottobre al San Paolo di Napoli viene data una possibilità: che per un giorno la terra dei fuochi torni ad essere chiamata terra mia.