Le autorità russe hanno formalizzato l’accusa di pirateria per gli attivisti di Greenpeace detenuti preventivamente vicino alla città di Murmansk. Gli attivisti Ana Paula Alminhana, Sini Saarela, Dima Litvinov, Roman Dolgov e Kieron Bryan, uno dei due freelance a bordo della nave, rischiano fino a quindici anni di carcere stando alla normativa russa sulla pirateria, sebbene sia stato riconosciuto anche da Vladimir Putin che i militanti dell’organizzazione non siano pericolosi bucanieri. Stando a quanto riportato dal sito italiano di Greenpeace, Cristian D’Alessandro non risulta essere tra quelli dei detenuti nelle carceri russe.
Come affermato da Kumi Naidoo, direttore di Greenpeace International, si tratta di uomini e donne che hanno fatto qualcosa per impedire la distruzione di una parte delicata dell’ecosistema da parte delle compagnie petrolifere, Gazprom in particolare. E «il loro coraggio e la loro determinazione è al servizio di un futuro migliore per i nostri figli. Hanno agito nell’interesse di tutti noi, ora dobbiamo attivarci e sostenerli nel momento in cui vengono rivolte loro accuse tanto gravi e irrazionali».
I deputati del Partito democratico Michele Anzaldi, Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente, ed Enzo Amendola, componente della commissione Esteri hanno chiesto al Presidente del Consiglio «di sostenere formalmente le richieste del governo olandese che ha chiesto l’immediato rilascio sia della nave di Greenpeace che di tutto l’equipaggio e che, in caso di rifiuto da parte russa, ricorrerà al Tribunale Internazionale della Convenzione ONU sul mare»
Per chiedere la loro liberazione è stata lanciata una raccolta di firme sul sito di Greenpeace che ha raccolto fin’ora oltre un milione di firme da parte di cittadini di tutto il mondo. Tra cui anche quella del Nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel, l’attore Ewan McGregor e organizzazioni come Amnesty International, Human Rights Watch.