Le basse aspettative, per alcuni film, costituiscono un vantaggio: perché smentirle procura poi all’opera in questione dei punti bonus derivanti vuoi dall’effetto sorpresa, vuoi dalla soddisfazione per lo spettatore di non aver ceduto ai pregiudizi. Consideriamo per esempio gli ingredienti di questo Il cacciatore di donne: un soggetto visto e stravisto, un regista praticamente al debutto e un cast non particolarmente accattivante. Un titolo da evitare? Niente affatto: siamo anzi davanti ad uno degli esordi registici più interessanti dell’anno.
“Il cacciatore di donne” (The Frozen ground), firmato dal neozelandese Scott Walker (alla seconda prova dopo il semi-sconosciuto Ordan’s Forest), racconta la vera storia del serial killer Robert Hansen, che negli anni ’80 terrorizzò l’Alaska rendendosi responsabile dello stupro e dell’assassinio di una ventina di donne. Hansen (interpretato da John Cusack), che nasconde la sua vera identità dietro la figura di perfetto marito e padre di famiglia, viene braccato per anni dal detective Jack Halcombe (Nicolas Cage). Con l’aiuto della giovane prostituta Cindy Paulson (Vanessa Hudgens), sopravvissuta al serial killer, il poliziotto tenterà in tutti i modi di incastrarlo, scontrandosi spesso con cavilli ed impedimenti burocratici.
Quello che salta subito all’occhio riguardo a “Il cacciatore di donne”, è che si tratta di un’opera dallo svolgimento classico ma guidata da una regia dinamica, accorta ed inaspettatamente sicura. Una storia di prede e cacciatori che mescola disinvoltamente due differenti tipi di paesaggi, creando spesso un bel contrasto stilistico-cromatico: è così che l’ambientazione innevata (che riporta alla mente altri thriller come “Insomnia”, “La promessa” di Sean Penn e il più recente “Blood”) si alterna al location anni ’80, tra nightclub e marciapiedi. Basandosi soprattutto su cronache d’epoca e atti giudiziari, Walker cerca di ricostruire i fatti nudi e crudi, evitando quindi di avventurarsi in elucubrazioni freudiane con l’intento di spiegare, magari con gusto voyeuristico, la natura dell’assassino.
Piuttosto, se c’è un punto di vista parziale, o comunque di particolare interesse per l’autore, allora è quello della vittima, impersonata non solo da Cindy (la cui salvaguardia costituisce il motore dell’azione) ma anche da tutte le donne uccise del mostro. Non a caso, il film termina con un omaggio a tutte loro, ricordando le loro vite spezzate con una pietà che neanche sfiora il patetismo. Inoltre, Il cacciatore di donne, pur sviluppando una vicenda dal’epilogo risaputo, riesce nell’intento di mantenere la tensione alta fino alla fine, elemento non molto frequente tra i prodotti del suo genere.
Note di merito per il cast: se Cusack svolge senza sbavature il compitino, dotando il suo Hansen di una maschera di ghiaccio (che si scioglierà nel finale in un’esplosione di rabbia) e Cage, pur non eccellendo (come al solito), si rivela ben calato nella parte, la sorpresa è rappresentata dalla Hudgens. L’ex star Disney, ormai abituata a ruoli tosti (“Sucker Punch”, “Spring Breakers” e il sequel di “Machete”), conferisce al suo personaggio la giusta dose di intensità e fragilità.
In sostanza, “Il cacciatore di donne” è un film che piace perché promette poco ma quel poco lo fa davvero bene. E in quanto a Walker: se abbiamo trovato un nuovo Jonathan Demme è presto per dirlo, ma l’inizio è davvero interessante.