È il leitmotiv più triste dello sport ma da decenni sta caratterizzando gli scoop più incredibili. Lo spettro dell’antidoping prosegue la sua corsa all’inseguimento del ciclismo, uno degli sport più antichi ma anche tartassati da scandali improvvisi. Ieri sera è arrivata la conferma che la Procura antidoping ha sospeso (in via cautelare) il ciclista Andrea Vecoli dopo un controllo effettuato il 25 agosto a Fivizzano.
Questa è solo l’ennesima pagina triste di questo sport, l’ennesimo tonfo delle due ruote mandate sempre al tappeto dai pesanti montanti del doping. Gli addetti ai lavori, i ciclisti puliti difendono il loro amore ma è innegabile che ormai gli scandali sono molteplici. La vita poi ti riserva crudeltà pazzesche ed è così che tutti accusano tutti, le vergogne più grandi escono a galla, smentite come sempre dai diretti interessati.
Intanto il tifoso medio non ha più fiducia in nessuno, il tifoso medio è stanco di passare da uno scandalo all’altro, di rinnegare campioni come Armstrong e Mario Cipollini o di dubitare del vincitore della Vuelta Horner, scomparso per alcuni giorni dopo la vittoria della Vuelta. Il velo pietoso che si è calato su questo sport ha inorridito tutti ed ha messo in discussione qualsiasi atleta.
La verità è che la fiducia sembra essere sparita perchè se un presunto campione come Armstrong è salito sul podio di quel Tour de France per sette volte senza mai vergognarsi di sorridere e festeggiare allora ti senti smarrito. Festeggiare e poi a distanza di anni piangere in diretta tv, con le medaglie già in tasca, è la cosa più semplice che c’è, pulirsi la coscienza per sentirsi moralmente puliti è la cosa più triste perchè quelle emozioni intanto le hai vissute e soprattutto le hai strappate dal cuore di un tuo avversario.
E’ brutto allenarsi con determinazione e poi vedere rivali che con manovre sporche ti sorpassano, gioiscono e poi vengono coinvolti in pesanti scandali. Sono emozioni che non potrai più rivivere se non, trasformate in rabbia, nel momento in cui lo squalificato torna in pista. E’ dura aver rispettato le regole ma non aver raccolto podi, sorrisi e soddisfazioni, e le condanne a posteriori dell’Usada suonano più come una beffa che non come un effettivo riconoscimento.