Da dimenticare le immagini bucoliche di mucche al pascono nelle sconfinate lande alpine, dove matronali animali brucano liberi e sereni sotto la guida vigile di un pastore. La transumanza e l’alpeggio, al giorno d’oggi, sono sempre meno praticati in favore di un allevamento intensivo per incrementarne i profitti e dimezzarne le spese.
La vita di questi sfortunati animali, infatti, non è delle migliori e la loro odissea inizia ancor prima di nascere. Le mucche destinate alla produzione di latte vengono selezionate geneticamente per produrne nella massima quantità possibile (circa 120 litri al giorno), che può arrivare a ben 10 volte rispetto a quella prodotta naturalmente, e i vitellini sono sottratti alle proprie madri 48 ore dopo la nascita in maniera che non si nutrano di quel latte, che è invece di proprietà dell’uomo, provocando un trauma per entrambi gli animali.
A questo punto la strada si dirama: i vitelli maschi, che non possono produrre latte e sono ritenuti troppo deboli, vengono stipati in stalle di pochi centimetri fino al compimento del sesto mese di vita per poi essere macellati per la richiesta di carne bianca.
Le femmine invece, perché possano produrre latte, arrivate ai due anni di vita vengono ingravidate artificialmente una volta l’anno e costrette a portare il peso della gravidanza, per nove mesi l’anno, contemporaneamente a quello della mungitura, con frequenti mastiti dovute all’eccesso continuo di latte. Questi poveri animali sono costretti a vivere in gravidanza l’intera durata della propria vita.
Di frequente poi, si aggiungono altre malattie come zoppie dovute all’eccessivo carico corporeo che sono portate a raggiungere, così l’animale spesso finisce al macello ancor prima del previsto. Una mucca libera ha un’aspettativa di vita di circa venti anni. Una mucca d’allevamento arriva a stento ai quattro. E passa almeno sei mesi l’anno in box troppo piccoli per la sua stazza, in mezzo alle sue feci e al latte che cola, generando l’habitat ideale per lo sviluppo dei batteri responsabili della mastite. Spesso non riesce nemmeno ad arrivare in piedi al macello, perché stremata dalle alte prestazioni.
Se attualmente esiste una norma comunitaria generale europea sulla protezione degli animali negli allevamenti, non vi è comunque ancora una legislazione specifica per le mucche.
E per tutta la durata dei maltrattamenti è sbagliato pensare che esse non comprendano. Nel 2009, i ricercatori dell’Istituto Nazionale per la Salute e il Dipartimento dell’Agricoltura americano hanno mappato il genoma bovino. Il risultato degli studi è che i bovini possiedono circa 22 mila geni, l’80% dei quali condiviso con gli esseri umani (un altro 10% è analogo a quello di cani e roditori). E a chi non bastasse questo per credere, a testimoniare c’è il video di un allevatore tedesco che dopo la reclusione da sfruttamento da latte, ha deciso di regalare alla sue mucche la libertà, invece che portarle al macello.
In un video che ha fatto il giro della rete si vede cosa fanno le mucche non appena comprendono di essere libere e di aver guadagnato la vita.
[Fonti: Animals’Angels, www.all4animals.it]