Per il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, l’aumento dell’Iva dal 21 al 22 per cento dal primo ottobre appare inevitabile. Il pensiero del Ministro è così riassumibile: dobbiamo trovare subito 1,6 miliardi per rientrare di corsa nei limiti del 3 per cento; poi si dovrà concordare una tregua su Iva e Imu, rinviando la questione al 2014 con la legge di Stabilità che va presentata entro il 15 ottobre.
Saccomanni ritiene che se si agisce subito si può sperare che l’effetto sui tassi d’interesse sia positivo e si possa finire l’anno con un dato consuntivo sul deficit ben inferiore al maledetto limite del 3 per cento, grazie ad alcune operazioni già allo studio, come una serie di privatizzazioni, e la rivalutazione delle quote della Banca d’Italia oggi a bilancio degli istituti che ne detengono il capitale per cifre irrisorie.
L’ipotesi di differire l’aumento dell’Iva a fine anno è poco praticabile. Il Ministro sottolinea che nemmeno se aumentassimo la benzina di 15 centesimi – è l’esempio che propone il ministro – riusciremmo a incassare l’equivalente. Dopotutto si tratta di un miliardo. Poca cosa rispetto a una spesa pubblica anormalmente dilatata, all’apparenza granitica, incomprimibile. Il coraggio di tagliare veramente non c’è.
Questo clima politico non consente più un discorso serio sulle finanze pubbliche, proprio nel momento in cui si cominciano a vedere i frutti dei sacrifici e il dividendo delle poche scelte rese possibili. Saccomanni è sconcertato dal dilagante populismo antieuropeo. La retorica dei sacrifici chiesti dall’Europa senza mai dire che il rispetto degli impegni è scritto in leggi e decreti votati dal Parlamento e il pareggio di bilancio è addirittura una norma costituzionale.
Il vice ministro dell’economia Stefano Fassina, intervistato da Maria Latella a SkyTg24, afferma: “Noi non vogliamo l’aumento dell’iva, abbiamo spinto perché l’aumento venisse rinviato e siamo convinti che vada evitato. Bisogna fare delle scelte – ha aggiunto – Da qui a fine anno abbiamo impegni che valgono quasi 6 mld di euro. Se solo il 10% continua a pagare l’Imu è possibile evitare l’aumento dell’Iva. Purtroppo siamo in una situazione difficile, la coperta è cortissima”, ha spiegato ricordando che servono un miliardo per evitare l’aumento dell’Iva, 2,4 miliardi per la seconda rata dell’Imu, 1,6-1,7 mlod per tornare al 3% del deficit/Pil, poi ci sono le missioni internazionali, le risorse della cig in deroga: “in questo quadro bisogna scegliere e la riflessione che ho invitato a fare è di non aumentare l’Imu, ma dovendo discutere la seconda rata, se confermiamo l’eliminazione dell’Imu per il 90% delle famiglie e la lasciamo sul 10% delle abitazioni di maggior valore, recuperiamo 1 mld che ci consente di evitare l’aumento dell’Iva”. Interpellato sulla soglia da considerare per far scattare l’imposizione dell’Imu, Fassina ha precisato: “Se noi lasciamo l’Imu su chi ha pagato 1000 euro o più di Imu riusciamo a recuperare le risorse che ci permettono di evitare l’aumento dell’Iva”. ”Se prevale la demagogia non andiamo da nessuna parte”, ha aggiunto Fassina, sottolineando che fa bene il ministro Saccomanni a richiamare tutti al senso di realtà”.
Anche Coldiretti evidenzia che “L’aumento dell’aliquota Iva avrebbe un effetto valanga sull’88 % della spesa degli italiani che viene trasportato su strada, a seguito del rincaro del costo del carburante”. È quanto afferma la Coldiretti nell’analizzare gli effetti diretti ed indiretti sui consumi se non sarà fermato l’aumento dell’Iva previsto per il primo ottobre. “L’innalzamento dell’aliquota dal 21 al 22 per cento – sottolinea la Coldiretti – colpisce direttamente i bicchieri degli italiani, con rincari dalle bevande gassate ai superalcolici, dagli spumanti alla birra, dai succhi di frutta al vino, fino all’acqua minerale, mentre sono esclusi la maggioranza dei prodotti di largo consumo come frutta, verdura, carne, latte e pasta. In realtà ad essere coinvolto – continua la Coldiretti – è l’intero sistema agroalimentare poiché si stima che un pasto percorra in media quasi 2mila chilometri prima di giungere sulle tavole”. “Il rischio – sostiene la Coldiretti – è quello di deprimere ulteriormente i consumi in una situazione in cui le famiglie italiane hanno tagliato addirittura del 4% la spesa alimentare nei primi 6 mesi dell’anno. Se si vuole ripartire, il primo punto da affrontare e quello di non penalizzare ulteriormente i consumi riducendo ulteriormente il potere di acquisto, compromesso dalla crisi, con l’aumento dell’Iva”.
Un vero è proprio rebus per il Ministro dell’Economia che non intende accettare ulteriori compromessi.