Nemmeno la più fervida immaginazione di uno sceneggiatore avrebbe potuto partorire un soggetto così scapestrato. I fatti sono noti, perchè risalenti ad una decina di giorni fa. A Chiuduno, in Lombardia, viene uccisa la dottoressa Eleonora Cantamessa, 44 anni, che si era fermata a soccorrere un giovane indiano, pestato dal fratello. All’improvviso, questi piombava addosso a loro con l’auto, uccidendo entrambi sul colpo e ferendo una donna di origine romena, che, avendo assistito alla scena, era accorsa per soccorrere il ferito.
A seguito dell’incidente, uno dei tanti carabinieri intervenuti sul posto, nota un bancomat nella borsa della donna ferita, se ne impossessa e, approfittando del fatto che c’era anche il codice pin, va a giocare alle videolotterie. A seguito della denuncia della proprietaria, i carabinieri si sono attivati per scoprire l’autore del furto e hanno arrestato il loro collega. Non un novellino, ma un carabiniere in servizio da ben 10 anni. Ad annebbiare la lucidità dell’uomo il male del nuovo millennio: il gioco compulsivo. Nella maggior parte delle città chiudono tante attività commerciali, mentre aprono continuamente centri scommesse, bingo e sale slot. Un business per i gestori e lo Stato, ma anche per la criminalità organizzata. Quindi, un giro di affari enorme, formalmente contrastato, ma in realtà ampiamente favorito da norme e controlli sempre più inefficaci. Sono tante le tragedie dovute alla necessità di procurarsi denaro per giocare, ma questa riguarda un soggetto maldestro, ma vero, come sa essere iperreale la realtà quando sfida la fantasia.
Solo ad immaginare la scena vengono i brividi. In quello che doveva sembrare uno scenario di guerra, tra lampeggianti delle auto delle forze dell’ordine, tra le sirene delle ambulanze, un uomo in divisa ossessionato solo dall’idea di afferrare senza essere visto il bancomat di quella donna, ferita, distesa sull’asfalto per soccorrere delle persone in difficoltà. Un gesto, definito dal fratello della dottoressa uccisa, una pugnalata.
Una volta entrato in possesso della tessera e finito il turno si è recato per i due giorni successivi in due sale slot, giocandosi i pochi risparmi sul conto, 300euro. La compulsività dei suoi gesti era tale da non rendersi conto che mentre la usava firmava la sua condanna, perchè da lì a poco si sarebbe potuto risalire al luogo e all’ora dell’utilizzo. Così è stato. Il ladro-carabiniere è stato sospeso, in attesa di altri provvedimenti.
In pochi metri quadrati si sono racchiusi il peggio e il meglio dell’Italia. La dottoressa che viene uccisa per il suo coraggio e senso del dovere e il carabiniere, che dovrebbe difenderci dai furti, che invece commette lui stesso un furto subdolo, vittima a sua volta del meccanismo perverso del gioco.
Sono queste le occasioni per fare del moralismo a buon mercato. Sarebbe facile parlare semplicisticamente della dottoressa-coraggio e del carabiniere-furfante. Però, così, si rischierebbe di perdere di vista l’oggetto più importante della questione. L’Italia non è più una Repubblica fondata sul lavoro, come recita l’art. 1 della Costituzione, ma è fondata sulle slot machine . Matilde Serao definiva: il lotto è “l’acquavite dei napoletani”. Alla luce di questa drammatica vicenda, possiamo con la massima serenità definire il gioco la droga degli Italiani, pure dei carabinieri.