Centinaia di miglia di separatisti catalani hanno stretto le loro mani a formare una catena di circa 400km per perorare la causa dell’indipendenza della Catalogna attraverso un referendum nel 2014. L’iniziativa, chiamata la “Via catalana verso l’indipendenza”, è stata ispirata alla catena umana realizzata nel 1989 nelle repubbliche baltiche per chiedere l’indipendenza dall’Urss.
I manifestanti hanno iniziato a intrecciare le loro mani a Barcellona alle 17:14 di mercoledì, orario che ricorda l’anno in cui, 11 settembre 1714, le truppe della corona spagnola entrerano a Barcellona dopo una sanguinolenta battaglia. Iniziò così un periodo di oltre un secolo e mezzo di occupazione militare, durante il quale la Catalogna finì per perdere le sue istituzioni.
La catena umana ha scavalcato i confini della Comunità autonoma della Catalogna: verso sud, i manifestanti si sono uniti con simpatizzanti della Comunità di Valencia, storicamente e linguisticamente vicina, mentre a nord circa 3000 persone hanno varcato la frontiera con la Francia, entrando nella regione di Perpignan, che storicamente fu anch’essa catalana. In molti punti del lungo percorso, e in particolare in diverse piazze e vie di Barcellona, secondo i media catalani e spagnoli, la catena si è trasformata in grandi concentrazioni, o si è moltiplicata in due o tre file
Tuttavia, la possibilità di vedere riconosciute le proprie ragioni attraverso un referendum nel 2014 si fa ogni giorno sempre più difficile.
Il Governo spagnolo ha subito chiarito che sarebbe anti-costituzionale, nonostante la stessa Costituzione spagnola riconosca dal 1979 la “nazionalità” catalana. Questa linea intransigente ha fatto sì che il principale partito separatista Generalitat, guidato da Mas, si trovi ad essere incalzato dal partito più estremista, Esquerra Repubblicana, guidato dal professore di storia dell’Estremo Oriente, Junqueras. Per di più, in un’intervista radiofonica, il presidente Mas ha rilasciato dichiarazioni circa la possibilità di rinviare il referendum del 2014 per attendere tempi più favorevoli nel caso di un esito positivo alle elezioni regionali del 2016, trasformandole così in un plebiscito per la Catalogna indipendente. Nonostante la veloce smentita, a seguito delle violente reazione dei catalani, sono in pochi a dubitare che in caso di elezioni sarebbe il partito di Junqueras ad avere la maggioranza.
Dal canto suo il Governo centrale di stampo conservatore avverte che ci saranno dure reazioni nel caso che queste manifestazioni pacifiche degenereassero in violenza.
Le televisioni hanno trasmesso delle immagini davvero suggestive: campi ricoperti da enormi bandiere, così come i balconi e le strade dell’intera ragione. I simboli di questa mobilitazione sono, ovviamente, la Sacrada Familia, la cui diversità e particolarità architettonica rispetto a qualsiasi altro monumento del mondo è diventata il simbolo dell’idem sentire catalano e il Camp Nou, perchè il Barcellona, come recita lo slogan, è mes que un club, è l’ambasciatore nel mondo dei Catalani e contribuisce a definire l’identità di questa terra. Per questo le sfide con la “franchista” Real Madrid sono così accese e i trasferimenti tra i due club ricordano più episodi di passaggio al nemico in tempi di guerra più che semplici operazioni di calciomercato. Lo sa bene il calciatore Luis Figo, che, dopo il suo passaggio al Real, fu accolto al Camp Nou addirittura dal lancio di una testa di maiale.
Non sorprendono, quindi, le interviste rilasciate all’emittenti televisive spagnole di persone semplici, come quella al Sig Munoz e sua moglie, che hanno dichiarato di aver viaggiato per più di due ore solo per potersi recare a Barcellona e urlare al Governo spagnolo che la Catalogna non è la Spagna. Gli studenti universitari si sono riuniti in un lungo corteo al grido l’indipendenza è l’unica strada. I manifestanti, tutti rigorosamente vestiti di giallo e di rosso, hanno denunciato il fatto che il Governo, pur discriminando la Catalogna per il linguaggio e la cultura locale, ha imposto un regime di tasse che penalizza in maniera eccessiva proprio questa regione, la più industrializzata e ricca della Spagna. La Catalogna vanta 7.565 abitanti, il Pil è stimato sui 200miliardi (19% di quello nazionale) con un reddito pro capite che si aggira sui 27mila euro annui a fronte dei 23mila delle altre regioni spagnole. Alla luce di questi dati si può ben comprendere perchè si chieda un nuovo accordo fiscale, simile a quello previsto per i Paesi Baschi, che incassano direttamente le tasse e non sono costretti ogni anno a negoziare i finanziamenti che Madrid versa alla regione.
Ad onor di cronoca, non sono mancate voci da parte di politici catalani che hanno sostenuto che si tenta di dare troppo peso al movimento separatista, che avrebbe la stessa importanza che in Europa hanno i movimenti anti-europeisti. Dichiarazioni che, però, sembrano essere smentite dai sondaggi, secondo i quali quasi il 65% dei catalani vorrebbe che si faccia il referendum e il 59% sarebbe a favore anche se dichiarato incostituzionale.
La catena umana di Madrid ha avuto uno strascico, di colore, anche in Italia. Bossi e i deputati leghisti si sono presentati in Parlamento indossando una t-shirt di solidarietà con le rivendicazioni catalane. Ma questa è un’altra storia.