C’era una volta il Bel Paese, così come erano soliti definire l’Italia poeti come Dante e Petrarca per il clima mite, i paesaggi meravigliosi, la cultura e la storia.
Ora si scopre che anno dopo anno vivere in Italia rende sempre più infelici. A sostenerlo è il World Happiness Report, elaborato per il secondo anno consecutivo da esperti mondiali in economia, psicologia e statistica per l’Onu, nel quale, tra le tante cose, è possibile leggere la classifica dei Paesi più felici. Ai primi posti i soliti Paesi nordici, agli ultimi i soliti africani. Ma le novità più rilevanti riguardano la c.d. Eurozona e in special modo le nazioni più in crisi, Portogallo, Italia, Grecia e Spagna (abitualmente definite con l’acronimo PIGS). Di queste quattro il dato più allarmante è dell’Italia, che perde ben 17 posizioni, passando dal 28esimo posto del 2012 al 45esimo del 2013.
C’è, quindi, chi, come Schopenhauer, ha provato a farne un’arte e chi prova ogni anno a misurare la felicità, con la F maiuscola. Ma è davvero possibile misurare un sentimento? Secondo questo Rapporto sarebbe fattibile con l’utilizzo di sei criteri: il prodotto interno lordo, l’aspettativa di vita, il sostegno sociale nei momenti difficili, la percezione della corruzione, la diffusione della generosità e la libertà di fare le proprie scelte. Sarebbe proprio questo ultimo fattore a determinare negli Italiani un livello così basso di felicità. Quindi, non solo la scomparsa del welfare, disoccupazione, città caotiche, ma soprattutto la mancanza di politiche allineate a quello che davvero importa alla gente causerebbe ansia, depressioni e psicosi. E se lo dicono luminari come Jeffrey Sachs della Columbia University c’è da crederci, anche se dubitiamo che i tanti disoccupati italiani la pensino allo stesso modo.
Invero, non è questo il solo dubbio che pone questa classifica. Come spiegare ai tanti messicani che provano ad attraversare il confine che il loro Paese si trova al 16esimo posto mentre gli Usa al 17esimo? Le tante donne vittime di abusi in Arabia Saudita crederanno mai che il loro Paese si trova nella parte nobile della classifica?
È vero che la felicità è essenziale per la produttività e per il funzionamento della società, ma è altrettanto vero che se questo è l’approccio degli economisti forse è meglio che della questione tornino ad occuparsene i filosofi.