A due anni dalle stragi di Oslo ed Utoya, il risultato uscito dalle urne norvegesi appare insolito. Il partito di estrema destra di Breivik, se pur ammorbidito delle posizioni dello stragista, potrebbe entrare nella coalizione che guiderà la Norvegia. La vicenda delle stragi, che ha infranto i sogni di settantasette giovani e di un intero Paese, non sembra avere influito più di tanto sul voto. Tra i candidati, anche una trentina di sopravvissuti alla strage ma, di questi, non dovrebbero farcela in più di tre.
Politicamente, si potrebbe dire che finisce un ciclo ed un’epoca: la vittoria incassata dal blocco conservatore è una vittoria storica, dopo otto anni di guida progressista il paese prende la strada della destra populista. La piccola ma ricchissima monarchia costituzionale si è divincolata in un batter d’occhio di Jens Stoltenberg, che aveva governato con l’appoggio del Partito socialista di sinistra e dei centristi, consegnando il Paese a un governo che, con ogni probabilità, vedrà l’attiva partecipazione di quello che in passato fu proprio il partito di Breivik, il Partito del Progresso.
E anche se molti tra i sondaggisti avevano previsto l’affermazione del partito guidato da Erna Solberg, la sorpresa per l’affermazione di un movimento che ha costruito sulle ideologie intolleranti il suo cammino resta un dato oggettivo.
Circa quattro milioni di norvegesi, dunque, avrebbero scelto di dimenticare la ferita di Utoja, delusi dal premier Jens Stoltenberg che non è riuscito a dare le risposte che l’opinione pubblica attendeva su alcune questioni cruciali, sulle quali la Norvegia si gioca la sua stabilità politica ed economica.
Il premier in carica ha subito ammesso la sconfitta e annunciando le dimissioni già per il prossimo mese di ottobre.