La stampante 3D, quella che consente di riprodurre oggetti reali di un modello tridimensionale realizzato con un software di modellazione 3D, “sbarca” ora anche sullo spazio.
Questa stupefacente invenzione che tocca svariati campi d’applicazione è stata “adattata” dagli ingegneri Nasa per fornire autonomia e sicurezza alle prossime esplorazioni spaziali, soprattutto quelle previste su Marte.
Proviamo solo per un attimo ad immaginare il livello di gravità se un componente della navetta in orbita, seppur piccolo, si rompe. Gli astronauti si troverebbero di fronte il complicato problema di dover riparare il guasto con i materiali a disposizione. Una sorta di terno a lotto cosmico che se va bene riporta la navicella in azione, se va male, si dovrà dire addio alla missione o peggio, gettando all’aria aspirazioni degli addetti ai lavori, anni di lavoro e migliaia di soldi investiti.
Oggi, la stampa in 3D pone fine all’ansia e dona la concreta speranza di riuscire ad avere quasi tutta l’operazione sotto controllo.
Il progetto della stampante 3D on the space, è stato denominato “3D Printing in Zero G Experiment” messo a punto della Nasa e dalla start-up californiana Made in Space. Il programma prevede una macchina 3D sullo spazio montata sulla Stazione Spaziale Orbitante (ISS) già dal prossimo anno.
Questo futuristico oggetto del desiderio si basa sul meccanismo classico di estrusione: in altre parole, creare oggetti aggiungendo strati su strati di polimeri, metalli, ceramica o altri elementi. Ovviamente, sia la meccanica che i materiali saranno adattati alle condizioni chimiche in cui la stampante si troverà ad operare. La materia, infatti, si pensa sarà costituita da componenti compatti in grado di funzionare anche in assenza di gravità.
Aaron Kemmer, CEO di Made in Space a tal proposito afferma: “Immaginate un astronauta nella necessità di realizzare una riparazione da cui dipenda la sua vita sulla ISS. (…) Piuttosto che sperare e pregare che ci siano dei pezzi di ricambio sulla Stazione potrebbe stamparsele da sé, senza preoccupazioni”.
Oltre al beneficio di poter essere finalmente autonomi nella gestione delle emergenze, la stampante 3D permetterà di alleggerire il peso delle navette del 30%, percentuale riservata agli strumenti per le riparazioni. Un’enorme quantità di spazio che adesso potrà essere riservata agli elementi rinvenuti durante le perlustrazioni oppure ad altre apparecchiature, prima di adesso, considerate di “seconda” necessità. Insomma, una vasta gamma di benefici che renderanno più efficienti e spensierate le prossime passeggiate nel cosmo.
Al momento, la stampante è in fase di testing montata sui voli parabolici del Flight Opportunities Program dell’Agenzia USA. I test di questi giorni si stanno concentrando sulla riproduzione di strumentazioni software, hardware e apparecchiature di prima emergenza; il tutto con componenti di piccola scala.
E dopo la stampante in 3D, non ci resta che aspettare il teletrasporto, il sogno proibito di tutti i non motorizzati delle grandi metropoli; gli unici a conoscere per davvero l’odissea nello spazio “urbano”.
Fonte: Wired.it