Bella, passionale, coraggiosa e determinata: è questa la Pupetta Maresca a cui presta il volto Manuela Arcuri, nella fiction in quattro puntate “Pupetta, il coraggio e la passione”, in onda da giovedì 6 giugno in prima serata su Canale 5. Un personaggio che arriva direttamente dalle pagine di cronaca nera degli anni ’50.
La fiction diretta da Luciano Odorisio prende le mosse, infatti, dalla storia vera di Assunta Maresca (diventata Marico per finzione) detta ‘Pupetta’, moglie del boss Pasquale Simonetti, che nel 1955, incinta di sei mesi, decide di farsi giustizia da sola uccidendo il presunto mandante dell’omicidio del marito.
Partendo da questo episodio eclatante, viene ricostruita la prima parte della vita della Maresca, dall’infanzia fino all’uscita dal carcere dopo quattordici anni di detenzione. Dal racconto romanzato della vita di Assunta Maresca, emerge il ritratto di una donna forte che si ribella alla sua stessa famiglia, che la vorrebbe invece sottomessa e remissiva. Sfidando regole e convenzioni, Pupetta combatterà la sua personale battaglia in nome dell’amore, pagando a caro prezzo il suo rifiuto alle attenzioni di un boss della camorra. “E’ il ruolo più bello, forte, difficile che abbia interpretato fino ad oggi,” dice l’Arcuri chiamata per la prima volta a confrontarsi con un personaggio vivente e assai controverso. Nella fiction Pupetta diventa un’eroina femminista, simbolo del riscatto della donna dalle imposizioni di una società fortemente maschilista. Gli ingredienti per appassionare il pubblico, in un periodo di vacche magre per la programmazione televisiva a fine stagione, ci sono tutti: uno stile da melodramma popolare,l’accento su emozioni genuine e temi universali e di facile presa come amore, passione e morte.
Il rischio però, come sempre succede davanti a prodotti del genere, è quello di enfatizzare l’attrattiva di un personaggio che comunque si è reso colpevole di un crimine. Se ne esalta la forza, la ribellione, ma Pupetta Maresca resta comunque una donna che ha, sì sfidato la camorra ma seguendone le sue logiche criminali. Come se non ci fossero altre storie – ‘positive’ – di donne altrettanto fiere e passionali, da cui trarre ispirazione. Quelle donne di cui leggiamo purtroppo ogni giorno sui giornali. Donne comuni vittime di abusi, donne che subiscono in silenzio o che alzano la voce cercando giustizia, donne che mai, né per disperazione né per vendetta, rispondono alla violenza con altra violenza.