Diciotto anni di reclusione per disastro doloso: questa la condanna per l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny nel processo Eternit sulle vittime dell’amianto, oltre duemila. Nel processo di appello i giudici hanno aumentato di due anni la pena rispetto ai 16 stabiliti in primo grado: disposti anche risarcimenti di 20 milioni di euro alla Regione Piemonte e oltre 30 milioni per il comune di Casale Monferrato; disposto inoltre il risarcimento di centomila euro per ogni sindacato ammesso come parte civile, di settantamila euro per Wwf e Legambiente e trentamila euro ciascuno per i familiari delle vittime.
L’imprenditore elvetico, 66 anni, risponde dell’accusa di disastro doloso ed è l’unico imputato rimasto al processo Eternit in seguito alla morte di Louis De Cartier De Marchienne, il cui reato è stato dichiarato estinto: nei confronti di Schmidheiny, il giudice Oggè ha stabilito la revoca delle sanzioni accessorie e civili e di quelle civili per la Etex. La richiesta da parte del pm Guariniello era di venti anni.
In particolare con la sentenza di oggi, il giudice ha assolto Schmidheiny per non aver commesso il fatto nel periodo che va dal 1966 al 1976, stabilendo che l’imprenditore svizzero gestì l’Eternit a partire dal giugno del 1976 per gli stabilimenti di Casale (Alessandria), Cavagnolo (Torino) e Bagnoli (Napoli) e dal 1980 per quello di Rubiera (Reggio Emilia). Il periodo di gestione è andato avanti fino al 1986 per i primi due, al 1985 per Bagnoli e al 1984 per Rubiera.
Il giudice ha esteso quindi la responsabilità di Schmidheiny anche per gli ultimi due stabilimenti, per i quali in primo grado era stata dichiarata la prescrizione.