Michael Douglas “troppo gay” per Hollywood. E così Behind the Candelabra, il biopic di Steven Soderbergh sull’attore, musicista ed entertainer americano di origini italo-polacche Liberace, negli Stati Uniti, in sala, non ci arriverà mai.
Sarà infatti la rete via cavo HBO a trasmettere, il prossimo 26 maggio, ironia della sorte, quello che a detta di Soderbergh «potrebbe essere l’ultimo film da regista», salvando così dall’oblio un progetto indipendente a cui hanno voltato le spalle la maggioranza dei produttori e distributori americani.
«Troppo progressista», dicono le majors. Eppure dopo I segreti di Brokeback mountain, abbiamo creduto che il tabù dell’amore omosessuale sul grande schermo fosse ormai stato definitivamente infranto. Evidentemente ci siamo illusi. Hollywood non è ancora pronta a temi, ancora giudicati, trasgressivi. «Per certe cose gli europei sono più avanti di noi americani», fa notare Soderbergh a proposito della partecipazione in gara al Festival di Cannes e alla distribuzione europea prevista per settembre. Scritto da Richard LaGravanese, il film si concentra soprattutto sugli ultimi dieci anni di vita dell’artista e sulla relazione burrascosa con il compagno Scott Thorson (interpretato da Matt Damon). Liberace divenne famosi tra gli anni ’50 e ’70 sia come artista, sia per il suo stile di vita eccentrico e sopra le righe, e per la presunta omosessualità sempre negata, almeno fino a quando il compagno non lo trascinò in tribunale, pretendendo gli alimenti, come se fosse una ex moglie.
Douglas e Damon non sono i primi etero ad interpretare una coppia gay sullo schermo, e per fortuna non saranno nemmeno gli ultimi, e a dire il vero, per quanto truccati e vestiti in abiti eccentrici, la loro relazione non è mai mostrata in maniera così esplicita da poter giustificare un tale veto. Ma il problema, per quanto assurdo, potrebbe essere stato lo stesso Michael Douglas. «Gli Studios – spiega l’attore – hanno provato imbarazzo per il fatto che il protagonista di questo film ero proprio io. Se Soderbergh avesse scritturato un attore meno conosciuto, probabilmente il film avrebbe avuto la giusta distribuzione. E invece si saranno detti: ‘Michael Doyglas gay? No, la sola idea fa venire i brividi’. Quindi, è in parte colpa mia. Il mio nome, in questo caso, è stato controproducente».
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