La prima immagine pubblica di Ariel Castro, a tre giorni dalla liberazione delle sue vittime, è una di quelle che non ti aspetti: occhi bassi, faccia contrita, mentre la Corte gli legge i capi d’accusa. Ma non ci sarà nessuna pietà per il “mostro” di Cleveland che per dieci anni ha segregato e seviziato Amanda Berry, Michelle Knight e Gina DeJesus.
La richiesta di condanna avanzata dal procuratore incaricato della pubblica accusa è infatti la più severa possibile negli Stati Uniti: la morte. “Cercherò di ottenere la pena di morte contro Castro per il rapimento e per aver provocato diversi aborti”, ha detto il procuratore della contea di Cuyahoga Tim McGinty. Se si riuscisse a dimostrare che anche una sola delle tre donne sia stata picchiata e malnutrita per farla abortire, si potrebbero considerare le interruzioni di gravidanza forzate al pari di un omicidio aggravato, accusa per la quale la legge dell’Ohio prevede anche il ricorso alla pena di morte.
Al momento Castro è formalmente incriminato per i reati di rapimento e stupro, con una cauzione da 8 milioni di dollari (due per ciascuna delle vittime: le tre donne e la bambina nata durante la prigionia), mentre la polizia ha rilasciato i due fratelli, Pedro e Onil, perché estranei alla vicenda. La cauzione fissata in otto milioni di dollari (due per ciascuna delle vittime: le tre donne e la bambina nata durante la prigionia), secondo gli esperti legali, indica la chiara intenzione della Corte di dare una punizione esemplare al protagonista di un caso che sta sconvolgendo l’America. “Il dramma su cui stiamo indagando è di una crudeltà tale che è perfino difficile capire o spiegare com’è potuto accadere”, continua McGinty che rivolgendosi alla stampa chiede di tutelare queste donne “che hanno un disperato bisogno di tempo e di spazio per potersi riprendere”.
Tra i nuovi dettagli emersi dalle indagini sulla casa degli orrori, situata al 2207 di Seymour Avenue a Cleveland, una lettera datata 2004, in cui Castro annunciava l’intenzione di farla finita. Stralci del contenuto sono stati pubblicati da Scott Taylor, un cronista dell’emittente locale 19 Action News che sostiene di averne letto una copia. Ed è impressionante notare come, letta oggi, sembra di trovarsi davanti ad una confessione. “Veramente non so spiegarmi – scriverebbe Castro – perché ho continuato a cercare un’altra ragazza quando ne avevo già due in possesso: sono un predatore sessuale che ha bisogno di aiuto. Se le ragazze sono rinchiuse a casa mia contro la mia volontà è perché hanno compiuto l’errore di accettare di salire sull’auto di uno sconosciuto”. Dai racconti delle tre donne emerge anche un particolare agghiacciante: Castro aveva segnato su un calendario le date di ciascun sequestro, e obbligava le donne a festeggiare con una torta ogni anno trascorso della loro nuova vita da schiave.