Sarà Romano Prodi il candidato al Quirinale del Partito Democratico: Pierluigi Bersani ha proposto il nome del professore all’assemblea dei grandi elettori che si è riunita questa mattina al teatro Capranica, dopo la profonda spaccatura che si è concretizzata ieri sul nome di Franco Marini. Prodi invece ha raccolto consensi unanimi e quando il segretario (ormai prossimo a diventare ex) ha proposto il suo nome, l’assemblea ha applaudito e si è alzata in piedi.
L’ex presidente del Consiglio non sarà votato questa mattina nel terzo scrutinio, quando servirà ancora la maggioranza dei due terzi dei voti (il quorum è fissato a quota 672), mentre i voti confluiranno su di lui al quarto scrutinio quando per l’elezione a presidente della Repubblica servirà la maggioranza assoluta (504 voti): il Pd dà solo non avrebbe i numeri per far eleggere Prodi, ma Sel ha già anticipato che potrebbe votarlo e la maggioranza sembra davvero a un passo.
Una scelta di rottura quella del professore nei confronti del Pdl, ma soprattutto di unione per il partito: “Il disordine che abbiamo pubblicamente mostrato deve essere assolutamente ricomposto” è una delle frasi pronunciate da Bersani durante l’assemblea dei grandi elettori del Pd. Ancora una volta quindi è il nome di Romano Prodi che riesce tenere insieme i pezzi di un partito mai stato così vicino alla spaccatura come ieri: le riunioni dal clima teso, i voti mancati a Marini, contestazioni di piazza e sul web, mai i democratici avevano vissuto una giornata di così profonda spaccatura.
“Il nome di Prodi unisce il nostro popolo”, le parole di Dario Franceschini sintetizzano meglio di ogni altra cosa una scelta fatta per salvare l’unità del partito: ora il Pd deve riuscire nel compito di far eleggere Prodi al Quirinale, poi toccherà ricostruire il partito, ma rispetto a ieri almeno non ci sono solo macerie.