Quando la vita ti butta giù, rialzarsi e capire quale strada percorrere può essere estremamente difficile. Serve una strategia. O forse, basta semplicemente restare positivi. Di questo ne è convinto Pat Solitano, un inguaribile ottimista che nella vita però ha perso tutto: moglie, casa, e lavoro. Tornato a vivere con i suoi genitori, dopo otto mesi trascorsi in un istituto psichiatrico, Pat si impegna a ricostruirsi un’esistenza normale, a rimettersi in forma e a controllare la sua malattia, convincendosi che solo così potrà diventare l’uomo che Nikki un tempo amava. Il suo tentativo di reinserirsi nel quotidiano si complica ancora di più quando conosce Tiffany, una giovane problematica vedova, che si offre di aiutarlo a riconquistare la sua donna, aggirando l’ordine restrittivo che gli impedisce di avvicinarla. In una sorta di ricatto emotivo, Tiffany costringe Pat a farle da partner in una gara di ballo, che si rivelerà più efficace di qualsiasi terapia.
Che questo film non è solo una commedia romantica lo si capisce subito, sin dall’inizio. Certo, non si può negare la sensazione di “già visto” che ti lascia quando prende la via verso il più convenzionale degli happy end, ma l’adattamento che David O. Russel fa del bestseller di Matthew Quick (L’orlo argenteo delle nuvole, edito in Italia da Salani), mostra qualcosa di nuovo, fresco, che lo rende comunque originale rispetto a una qualunque rom-com di matrice americana.
Equilibrando alla perfezione dramma e commedia, O. Russell riveste di umorismo un argomento spesso stigmatizzato come la malattia mentale, che qui viene affrontata in maniera delicata e schietta, senza troppi tabù o facili patetismi, affidandosi ad una sceneggiatura intelligente, toccante ma anche arguta ed ironica e ad una regia che aderisce ai suoi personaggi facendoli emergere in tutto il loro realismo e con il personale bagaglio di nevrosi, ossessioni e debolezze. Si parla di persone che affrontano problemi reali e che lottano per trovare il loro “Excelsior”, la loro seconda occasione, il loro pezzetto di felicità. Non solo Pat e Tiffany, ma anche tutti gli altri eccentrici personaggi che li circondano: un padre, allibratore clandestino ossessionato da riti scaramantici pre-partita; una madre amorevole e iperprotettiva su cui si poggia il precario equilibrio familiare; un fratello litigioso e casinista che è il cocco di casa; il migliore amico oppresso da una moglie dispotica; lo psichiatra che fuori dallo studio diventa un capo ultras; il compagno d’istituto logorroico e fissato coi capelli. Il regista non ha mai fatto mistero che questo film rappresenti un atto d’amore verso suo figlio, affetto dallo stesso disturbo di cui soffre Pat. Probabilmente, è proprio questa empatia emotiva ad aver reso il film così coinvolgente e i suoi personaggi così autentici.
Ma è nella recitazione che Il lato positivo tocca la perfezione. Come già successo per il precedente The Fighter, anche qui David O. Russell conferma di saper tirar fuori il meglio dagli attori che ha a disposizione, tutti peraltro nominati agli Oscar nelle quattro categorie riservate alla recitazione, come non succedeva da 31 anni. Il talento di Jennifer Lawrence trova la sua conferma in una interpretazione che ci dimostra quanto quest’attrice sia una delle migliori della sua generazione, al di là dell’Oscar ricevuto. La sua Tiffany ha personalità, cuore e carisma e il suo modo di darle corpo credibile e maturo, capace di tener testa anche ai suoi ben più illustri colleghi (memorabile la sua irruzione a casa dei Solitano); Robert De Niro torna ad essere finalmente il grande attore che tutti noi conosciamo, riscattandosi dalle deludenti commedie di medio-basso livello a cui ha preso parte negli ultimi anni; accanto a lui un’altrettanto fantastica Jacki Weaver. Ma la sorpresa più grande ce la riserva Bradley Cooper che ci mostra di avere anche ottime corde drammatiche, regalandoci la prestazione migliore della sua carriera. Nel suo sguardo malinconico leggiamo tutta la profondità d’animo, la complessità emotiva e la vulnerabilità di Pat. Un uomo che, nonostante la malattia, riesce ancora a guardare fiducioso al futuro perché ha imparato che a guardare oltre i propri limiti, a cogliere sempre il lato positivo nella vita, si può riuscire anche a vedere “il sole spuntare tra le nuvole.”