Romantici, divertenti, sfarzosi, alternativi. Quale che sia l’aggettivo usato per descriverli, i matrimoni che vediamo al cinema hanno in comune una cosa sola: sono fatti per farci sognare. Perché se nella vita non è tutto rosa e fiori, sul grande schermo non c’è commedia romantica che si rispetti senza un happy end. E quale lieto fine migliore del “Sì, lo voglio” potrebbe mai esserci?
In più di 100 anni di storia del cinema, il “giorno più bello della vita” ha trovato la ribalta del grande schermo in un numero imprecisato di pellicole, e sono tanti i titoli nunziali che hanno lasciato un segno, e che per un verso o per l’altro varrebbe la pena ricordare oggi che è San Valentino.
Andando indietro nel tempo, se si parla di matrimonio non si può non citare Il padre della sposa (1950) di Vincente Minelli con un Elizabeth Taylor nei panni della giovane ed esuberante sposa Kay e un indimenticabile Spencer Tracy che incarna l’incubo di tutti padri alle prese con le esose richieste nunziali delle proprie figlie. Pietra miliare dei moderni wedding movies invece è Quattro matrimoni e un funerale (1994) con un giovanissimo Hugh Grant, impenitente single con l’avversione per i matrimoni, che cambierà idea quando incontra la sua anima gemella nella disinvolta americana Andy MacDowell; ritrovatisi dopo mille traversie si giureranno amore eterno ma a patto di non sposarsi mai; una agguerrita Julia Roberts le tenta tutte per sabotare il matrimonio del suo amore di gioventù in Il matrimonio del mio migliore amico (1997). Le fa da spalla un cinico ed esilarante Rupert Everett, l’amico gay pronto a consolarla, se non con il matrimonio o il sesso, almeno con un ballo. Da una commedia romantica all’altra la protagonista non cambia, e in Se scappi ti sposo (1999), troviamo ancora la Roberts alle prese con un’altra avventura in bianco questa volta in coppia con Richard Gere. Lui, giornalista divorziato, riuscirà a far capitolare lei, sposina allergica al sì, divenuta celebre per le rocambolesche fughe dall’altare in scarpe da ginnastica; mai matrimonio sul grande schermo fu più folcloristico e caciarone de Il mio grosso matrimonio greco (2002). La storia della ragazza greca poco avvenente che sposa un americano, ribellandosi alla sua famiglia chiassosa e tradizionalista, è un condensato di buonumore dalle risate assicurate. Per la serie “mai mettersi tra una sposa e il suo giorno perfetto” invece, le due amiche per la pelle Kate Hudson e Anne Hathway, si daranno del filo da torcere senza esclusioni di colpi in Bride Wars – La mia migliore nemica, solo per impedire l’una all’altra di arrivare per prima all’altare. Chi ce ne ha messo di tempo per arrivare all’altare è l’eroina di Sex and The City Carrie Bradshaw che riesce finalmente ad impalmare il suo Mr. Big, nel primo dei due sequel cinematografici della serie. Un matrimonio rincorso per anni che però non andrà proprio secondo i piani. Ma alla fine l’amore trionfa sempre anche se significa sposarsi in municipio con un semplice tailleur vintage anziché quel favoloso abito di Vivienne Westwood. Che poi, l’importante è avere accanto le amiche del cuore e un paio di Manolo blahnik ai piedi.
Sempre restando in tema matrimoniale, ma questa volta dalla parte dei testimoni ci sono: 27 volte… in bianco dove Katherine Heigl prima di convolare a nozze con il suo principe è costretta a indossare i panni della damigella d’onore per ben 27 volte e Un amore di testimone in cui è il “dottor stranamore” Patrick Dempsey viene scelto come “maid of honor” dalla migliore amica in procinto di sposarsi, e di cui guarda caso si scoprirà follemente innamorato. La rivalità femminile che si sviluppa tra tulle e confetti tocca vette di comicità spregiudicata e a tratti demenziale in Le amiche della sposa, ribattezzato dalla critica “La notte da leoni in gonnella e tacchi a spillo”. Tra parolacce, battute volgari e scherzi goliardici, cinque damigelle si contenderanno a suon di colpi bassi la corona di damigella d’onore trasformando l’addio al nubilato della loro amica Lilian in una festa a dir poco indimenticabile.