Sognare di vincere l’Oscar a nove anni. E’ possibile se ti chiami Quvenzhané Wallis. Un nome impronunciabile – almeno per noi italiani – che è già entrato nella storia del cinema. Perché la straordinaria protagonista di Re della terra selvaggia (in uscita il 7 febbraio) è la più giovane attrice mai candidata nella lunga storia del premio, e per uno strano scherzo del destino si contenderà la statuetta d’oro con l’attrice più anziana nominata, Emmanuelle Riva, 86 anni, in gara con Amour. La bimba prodigio che ha fatto commuovere anche il presidente Barack Obama interpreta Hushpuppy (letteralmente “focaccina”), una energica e combattiva bambina di sei anni che vive con il padre Wink (Henry Dwight) nella comunità soprannominata Bathtub (La Grande Vasca), una zona paludosa a sud della Lousiana costantemente minacciata da uragani e alluvioni.
Abbandonata dalla madre e con un padre burbero ma affettuoso a modo suo, Hushpuppy è cresciuta libera e indomita, circondata dagli animali e da una natura selvaggia che nella sua fantasia di bambina percepisce come il fragile incastro di tutte le cose. “Se un pezzo si rompe, anche il più piccolo, tutto l’universo va in frantumi”. Così quando Wink si ammala, anche gli equilibri naturali si infrangono. Ma prima di morire il padre insegnerà alla sua bambina come cavarsela “da uomo” quando non ci sarà più lui a proteggerla, come diventare un giorno il “re” della Grande Vasca.
Ispirato alla pièce teatrale di Lucy Alibar (che firma anche la sceneggiatura), Juicy and delicious, Re della terra selvaggia è una favola di formazione dura e al tempo stesso tenera, filtrata dallo sguardo malinconico e dalla voce over di una bambina che sin dal suo primo vagito ha imparato che non c’è posto in questo mondo per una carezza affettuosa o per un abbraccio di conforto; non quando vivi circondata da una natura che in un attimo può trasformarsi da madre amorevole a spietata matrigna distruttrice. In questo corso di sopravvivenza prima fisico e poi emotivo, non valgono le regole della “civiltà”: vince chi mostra i muscoli, chi sa pescare il pesce con le mani, chi urla più forte, chi non piange mai, chi sfida con coraggio le proprie paure, anche se queste hanno la sagoma minacciosa di enormi “Aurochs”. E’ solo comprendendo queste regole, che l’uomo diventa padrone del proprio destino. “Quando tutto è silenzio, vedo ciò che mi ha creato volare intorno in pezzettini invisibili e capisco che anche io sono un pezzettino di un grande, grandissimo universo”. Non è a sopravvivere che Hushpuppy deve imparare; la sua improvvisa e inevitabile maturazione passa per qualcosa di più importante: la conquista della consapevolezza del proprio essere speciale. Una creatura capace di vivere in comunione con la natura.
Dimostrando una grande maturità stilistica, l’esordiente Benh Zeitlin è bravo nel mantenere la macchina da presa in equilibrio perfetto tra realtà e poesia, ed è coraggioso nell’affidare tutte le chiavi emotive della pellicola al talento fresco e spontaneo di questa giovane attrice, scelta tra oltre 4mila bambine. Testarda, commovente, Quvenzhané Wallis è il vero cuore del film. Questa piccola guerriera sembra essere nata per recitare. La sua interpretazione è una di quelle che ti spiazzano; non è da tutti riuscire a portare sulle spalle il peso intero di un film quando hai solo sei anni e non hai mai preso lezioni di recitazione. E forse è anche questa una delle componenti del grande successo di questo film, reduce da un 2012 incredibile. Tutto è partito dal Sundance Film Festival dello scorso anno (Gran Premio della Giuria); da allora l’opera prima di Zeitlin, dal titolo originale Beasts of the Southern Wild, ha incassato circa una sessantina di premi in tutto il mondo, il più prestigioso la Camera d’Or a Cannes, e ora si appresta a bissare il suo percorso trionfale anche nel 2013. Perché comunque andrà la notte del 24 febbraio, è già un successo che un film indipendente realizzato con un budget di appena 1 milione e 800mila dollari,abbia conquistato 4 nomination agli Oscar (miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura e miglior attrice protagonista) e che il suo regista, un esordiente di appena 30 anni, debba vedersela con gente del calibro di Spielberg, Ang Lee, David O. Russell e Michael Haneke.