La Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio di tutti gli 11 imputati per la trattativa Stato-mafia: nell’aula bunker dell’Ucciardone, il pubblico ministero Nino Di Matteo ha concluso la requisitoria iniziata ieri mattina con la richiesta di rinvio a giudizio per tutti gli imputati, tra cui il senatore Pdl Marcello Dell’Utri e l’ex ministero dell’Interno Nicola Mancino.
La convinzione dell’accusa è che alcuni “uomini dello Stato trattarono con la mafia in nome di una inconfessabile ragion di Stato”. Oltre che per i due politici, il rinvio a giudizio è stato chiesto anche per i quattro boss corleonesi Leoluca Bagarella, Totò Riina, Giovanni Brusca e Antonino Cinà; stessa richiesta per l’ex ministro democristiano Calogero Mannino, per Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo, per i generali Mario Mori e Antonio Subranni e per l’ex colonnello De Donno. Stralciata invece la posizione di Bernardo Provenzano che verrà giudicato il 23 gennaio.
La richiesta di rinvio a giudizio fa riferimento ai reati di attentato, con violenza o minaccia, a corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato, tutto aggravato dall’agevolazione di Cosa nostra: tutto risale al periodo delle stragi del 92-93 e al presunto accordo tra Stato e mafia. Il patto sarebbe stato siglato per evitare nuovi attentati, da ex ministri e mafiosi con Dell’Utri a fare da tramite: in cambio sarebbe stato offerto l’ammorbidimento del carcere duro per i mafiosi previsto dal 41 bis.
Nicola Mancino risponde solo di falsa testimonianza, mentre Ciancimino, oltre che per la trattativa, è accusato anche di concorso in associazione mafiosa e calunnia aggravata. Il gup dovrà poi decidere sulla richiesta di Mannino di essere giudicato con il rito abbreviato. L’udienza riprenderà domani e poi lunedì con gli interventi delle difese.