È solo uno sport, ma sembra una guerra: in Italia come in Brasile, il calcio non smette mai di sorprendere e sempre in senso negativo. Il teatro dell’ultima vergogna di quello che è lo sport più seguito del pianeta è lo stadio Morumbì di San Paolo: di scena c’è la finale di ritorno della Coppa Sudamericana tra San Paolo e Tigre (andata 0-0) con i brasiliani avanti 2-0 alla fine del primo tempo.
La ripresa però non avrà mai inizio: gli ospiti, infatti, non si presentano più in campo e denunciano un’aggressione subita negli spogliatoi. L’arbitro, il cileno Osses, dopo trenta minuti di attesa decreta la fine dell’incontro e la vittoria del San Paolo: ma cosa è successo davvero nei quindici minuti di riposo tra un tempo e l’altro? Le versioni sono ovviamente discordanti, anche se l’unico punto certo è il caos che c’è stato negli spogliatoi.
Dal Tigre arrivano accuse pesanti nei confronti della società brasiliana: “Ci hanno picchiati e minacciati con una pistola”. Tutto ha inizio al 45′, quando al fischio dell’arbitro si scatena una mini rissa, conseguenza del gioco duro visto in campo durante tutto il primo tempo. Quello che accade però fuori dal terreno di gioco e lontano dalle telecamere è ancora peggio: “Una ventina di bodyguard enormi hanno iniziato a insultarci e minacciarci fino a provocare una rissa – il racconto del tecnico del Tigre, Gorosito -. Ci si è messa pure la polizia che invece di aiutarci ci ha manganellato“. Le prove della rissa sono sul volto di alcuni calciatori e dirigenti argentini: il portiere Albil si è presentato davanti alle telecamere con uno zigomo gonfio come un’albicocca e l’occhio semichiuso, per provare le accuse.
Le immagine del post rissa testimoniano una vera e propria battaglia: gli spogliatoi sono distrutti e macchie di sangue si vedono un po’ ovunque. Ma la polizia brasiliana sostiene che a far partire la rissa siano stessi gli uomini del Tigre e ha preannunciato la possibilità di denunciare tecnico e calciatori per aggressione: e chissà se verrà mai fatta chiarezza sull’ennesima pagina nera di quello che una volta era solo un gioco.
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