La Corte Costituzionale ha deciso che le intercettazioni telefoniche avvenute indirettamente nei confronti del Capo dello Stato, nell’ambito delle indagini sulle trattative Stato-Mafia, andranno distrutte: non è il contenuto delle stesse telefonate però ad essere alla base della sentenza, ma le garanzie costituzionali che appartengono al Presidente della Repubblica, che impongono al procuratore di chiedere sempre al giudice la distruzione di intercettazioni che vedano coinvolto il Quirinale.
La polemica era nata perchè i magistrati di Palermo che stavano indagando sulla trattativa Stato-Mafia, avevano messo sotto controllo i telefoni dell’ex ministro Nicola Mancino, e così, indirettamente, erano arrivate sulla scrivania della procura siciliana anche conversazioni tra Mancino stesso ed il Quirinale. A seguito di ciò Napolitano, tramite l’Avvocatura di Stato, aveva presentato ricorso per chiederne la loro distruzione.
Ricorso accolto appunto, con la procura di Palermo che accetta il verdetto, ricordando però che ha sempre compiuto il proprio dovere, e che, a loro parere, l’eliminazione preventiva d’intercettazioni al di là del contesto non è una decisione attuabile sempre. “Non è il caso attuale, si tratta solo di un’ipotesi ovviamente, ma se venisse intercettata casualmente una conversazione del Capo dello Stato dalla quale si evince che sta ordendo un colpo di stato, la Procura cosa dovrebbe fare? Distruggere i file? Distruggere le intercettazioni?”.
E secondo voi è giusto garantire questo tipo di protezione alla figura del Presidente della Repubblica, a prescindere ovviamente da chi ricopra tale carica in Italia?