Cosimo D’Amato, 57 anni, residente a Santa Flavia, vicino Palermo: ecco il nome dell’uomo che avrebbe fornito il tritolo ai boss della mafia per la strage di Capaci, che costò la vita al giudice Giovanni Falcone, a sua moglie e agli agenti della scorta, oltre ad aver procurato l’esplosivo per gli attentati del 1993. D’Amato è stato arrestato dagli agenti della Dia su disposizione del gip di Firenze Anna Favi che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare richiesta dalla Procura toscana.
Il provvedimento è stato preso per le stragi del 1993 e l’uomo è accusato di aver fornito il tritolo per gli attentati di via Fauro a Roma (14 maggio 1993), via dei Georgofili a Firenze (27 maggio 1993), San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro a Roma (28 luglio 1993), via Palestro a Milano (27 luglio 1993); D’Amato avrebbe fornito il tritolo anche per il fallito attentato allo Stadio Olimpico di Roma del 23 gennaio 1994.
D’Amato è accusato di strage, devastazione e di detenzione di ingenti quantitativi di esplosivo, per aver concorso agli attentati, tra l’altro, con i boss Totò Riina, Bernardo Provenzano, Filippo e Giuseppe Graviano e Matteo Messina Denaro. L’uomo, cugino di primo grado del boss palermitano Cosimo Lo Nigro condannato per le stragi mafiose del ’92, non ha precedenti penali ed ufficialmente è solo un pescatore. Per arrivare a lui fondamentali sono state le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza che ha spiegato come il tritolo venisse recuperato in mare da siluri inesplosi della seconda guerra mondiale.
Dalle rivelazioni del pentito, i magistrati della Procura di Firenze sono riusciti a risalire a D’Amato: su di lui sta indagando però anche la Procura di Caltanissetta che si occupa delle stragi del ’92.