La ministra del Lavoro Elsa Fornero scatena oggi il tam tam sulle agenzie di stampa prodigandosi in un maldestro intervento sulla possibilità di equiparazione delle normative tra settore pubblico e privato, scegliendo quello che probabilmente è il peggior argomento utilizzabile per confrontare i due sistemi, e cioè la tematica dei licenziamenti agevolati. “Quello dei dipendenti pubblici non è un mercato, perché ha regole diverse” ha prima affermato, ma nello stesso tempo ha auspicato “…qualcosa di simile a ciò che abbiamo fatto per i dipendenti privati, relativamente alla possibilità di licenziare”. Come se non bastasse, la titolare del Welfare ha anche precisato che il suo collega a capo della Pubblica Amministrazione, Filippo Patroni Griffi, ha già in mano una delega su tale problematica, lavorando “a stretto contatto” con lei, una notizia confermata poche ore dopo dall’interessato: “Il tema dei licenziamenti degli statali e’ gia’ previsto nel testo predisposto per la legge delega. A questo punto ritengo sia opportuno approfondire alcuni aspetti tecnici in Consiglio dei ministri“.
Una reazione a caldo, probabilmente la prima di tante altre, è arrivata ovviamente dalla Cgil Nazionale che tramite il responsabile Settori pubblici, Michele Gentile, ha immediatamente stigmatizzato le parole della responsabile di via Vittorio Veneto: “Un auspicio del genere, espresso perlopiù in una fase di gravissima crisi economica, è il segno di come la Fornero non abbia chiaro il titolo del suo Ministero: è a capo del dicastero del lavoro e non certo dei licenziamenti”. Uno scambio dialettico che ricorda tristemente quelli che avvenivano quotidianamente, sullo stesso tema, col precedente governo Berlusconi.
In realtà non si capisce il motivo di tanta “nonchalance” da parte del ministro, visto che proprio oggi subisce due pesanti attacchi, morbidi nella forma ma duri nella sostanza, da parte di personaggi provenienti da fronti a loro modo opposti. Il primo ad esordire, infatti, è stato il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, che è tornato a pungolare il governo con la vicenda dei lavoratori esodati, oggettivamente gestita finora in modo approssimativo: “La questione non può essere liquidata dicendo che arriviamo fin qui perchè le risorse sono queste, non è accettabile anche se dovesse rimanere fuori un solo lavoratore. Per noi è un elemento insuperabile e in qualche bisogna risolverlo”. Ma le critiche alla gestione Fornero non sono terminate qui, perchè anche il neo presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, entrato ormai nel pieno delle sue attività, ha riservato decise stoccate nella sua prima relazione all’Assemblea degli industriali, bocciando la riforma del lavoro che per la rappresentanza degli imprenditori “Appare meno utile alla competitività del paese e delle imprese di quanto avremmo voluto”.
Secondo Squinzi la legge in procinto di approvazione ha sicuramente il pregio di apportare modifiche al sistema in diversi punti ma “non sempre in modo convincente”. Sarebbero dunque altre per Confindustria le urgenze su cui agire immediatamente, e più precisamente la riforma della Pubblica amministrazione, i pagamenti della P.A., i tagli alla spesa pubblica e il “credito alle imprese. Il tutto in una cornice di progressiva diminuzione delle tasse e rilancio dei consumi. Secondo il titolare di Viale dell’Astronomia, siamo ancora affetti da una “emorragia” dovuta alla crisi, un fenomeno che ha portato via “decine di migliaia di imprese” e “oltre due milioni e 500 mila” posti di lavoro: “Dobbiamo fermare questa emorragia, dobbiamo ridare speranza” ha concluso.
Di certo l’opinione pubblica non si sentirà rinfrancata, consolata, o pronta ad avere maggiore ottimismo e speranze per il futuro ascoltando le improvvide dichiarazioni odierne della ministra del Welfare, a prescindere dalla discussione nel merito della problematica a cui le stesse si riferivano.