Quando manca meno di un mese alle elezioni politiche in Grecia e ad appena quindici giorni dal voto del 6 maggio, i sondaggi continuano a confermare uno scenario, per cui Atene sarebbe governata da forze ostili al Memorandum d’intesa, approvato in Parlamento lo scorso febbraio e necessario ad ottenere i nuovi aiuti da parte della Troika (UE, BCE e FMI). Va precisato, tuttavia, che non tutti i partiti contrari al Memorandum sono allo stesso tempo contro l’euro, ma vale la relazione opposta: chi è contro la permanenza della Grecia nell’Eurozona, chiede con ancora maggiore vigore un’opposizione netta al Memorandum. Esso prevede ulteriori misure di austerità per complessivi 11,5 miliardi, pari al 5% del pil ellenico, che dovrebbero essere approvate entro il prossimo mese di giugno.
Il Parlamento uscente, rinnovato proprio il 6 di maggio, non ha ottenuto una maggioranza in grado di formare un governo favorevole al Memorandum, ragion per cui il capo dello stato Carolos Papoulias ha preferito fare un altro tentativo, ossia ricorrere a nuove elezioni, sperando che esca dalle urne una maggioranza filo-Bruxelles.
Tuttavia, stando ai sondaggi, si tratterebbe solo di perdere qualche settimana di tempo, perché non solo le forze anti-europeiste avanzerebbero, ma potrebbero anche essere in grado di formare un esecutivo contrario al Memorandum, che equivarrebbe automaticamente alla fuoriuscita della Grecia dall’Eurozona, cosa a cui Bruxelles si starebbe preparando. L’ultimo sondaggio è stato pubblicato Kathimerini. Esso rivela che oggi il 28% dei greci voterebbe Syriza, ossia il partito della sinistra radicale, già balzato in seconda posizione al 16,7% il 6 maggio, scalzando da ruolo di maggiore partito della sinistra gli storici socialisti del Pasok. Guidati dal leader Alexis Tsipras, di soli 37 anni, Syriza non chiede l’abbandono dell’euro, ma è il partito più contrario al Memorandum, contro cui sta effettuando un tour in Europa, cercando di convincere i partner europei che l’ostilità contro le misure non significa volontà di uscire dall’euro.
Con il 28% dei consensi, Syriza schizzerebbe al primo posto, superando anche i conservatori di Nuova Democrazia, guidati da Antonis Samaras, i quali otterrebbero il 24%, un risultato anch’esso nettamente superiore al magro 19% di due settimane fa.
Terzi sarebbero i socialisti del Pasok, sotto la guida del segretario Evangelos Venizelos, che con il rivale Samaras è colui che più ci ha messo la faccia e condivide il Memorandum. I socialisti sono accreditati del 15%, mentre all’inizio del mese avevano ottenuto il 13,3%.
A seguire, vi sarebbe la Sinistra Democratica di Foutis Kouvelis, data al 7%, mentre i neonazisti di Alba Dorata resterebbero in Parlamento con il 6%, in leggero calo dal 6,7% del 6 maggio. Infine, sopra la soglia del 3%, necessaria a entrare in Parlamento, ci sarebbero i comunisti stalinisti del KKE, contrari all’euro e al Memorandum, che hanno da sempre annunciato qualsiasi ostilità a un qualsivoglia governo.
Dunque, se si confermassero i dati del sondaggio, a parte una nuova violenta scossa di assestamento politico, la Grecia avrebbe come partito di maggioranza relativa proprio gli anti-Memorandum di Syriza, che arrivando al primo posto potrebbero contare anche del premio di maggioranza di 50 deputati. I parlamentari di Tsipras otterrebbero, quindi, sopra i 130 deputati, non sufficienti a formare un governo da soli, ma molto prossimi alla soglia dei 151 deputati, necessari a raggiungere la maggioranza assoluta. A conti fatti, basterebbe loro proprio la sinistra radicale di Kouvelis per fare un governo, anche se gli screzi post-voto hanno indotto quest’ultimo ad escludere un’alleanza di governo con Tsipras. Ma sarà pura tattica elettorale?
Fatto sta che in Grecia tira aria di maggioranza anti-UE, cosa di cui bisognerebbe prendere atto, preparandosi ad affrontare un addio di Atene all’Eurozona e forse alla UE stessa, se dovesse prevalere una certa linea di pensiero.
E malgrado un altro sondaggi riveli che il 52% dei greci vorrebbe restare nell’euro, i dati elettorali confermerebbero che essi non sarebbero più disposti a fare altri sacrifici per esso, sebbene siano spaventati dall’immediato futuro.
Fa senso notare come le formazioni pro-Memorandum sarebbero complessivamente solo al 39%. Quelle del 17 giugno saranno un referendum pro o contro l’euro e la moneta unica andrebbe incontro a un esito elettorale molto negativo.
Tutto questo, mentre il Wall Street Journal rilancia la notizia per cui Bruxelles si starebbe preparando a un piano B, che prevede che la Grecia esca dall’euro. Esso scatterebbe nel caso di una sconfitta delle forze politiche tradizionali, qualora non dovessero avere la maggioranza in Parlamento. Ma non è detto che il piano non debba essere attuato prima.
Un dato che viene attentamente monitorato è quello relativo ai capitali in fuga dal Paese. Nei primi tre giorni della scorsa settimana, pare che i risparmiatori greci abbiano ritirato dalle loro banche circa 1,5 miliardi di euro su 165 miliardi di depositi complessivi. Non siamo ancora al classico “run”, ma non è escluso che nelle prossime settimane, con l’avvicinarsi della prospettiva di un esito anti-euro, molti altri risparmiatori ritirino i loro quattrini, facendo scattare l’allarme rosso, che inevitabilmente passerebbe per un ritorno alla dracma.