Oggi, il presidente del consiglio, Mario Monti, incontrerà il suo predecessore Silvio Berlusconi, per fare il punto della situazione politica e magari mettere mano all’agenda di governa, impantanata nell’immobilismo tipico della politica della Seconda Repubblica. Un faccia a faccia tra i due che arriva nel bel mezzo delle tensioni crescenti tra il PDL e il governo, quando siamo a pochi giorni dai ballottaggi di domenica prossima. In questi giorni, infatti, il partito ha confermato il sostegno all’esecutivo, ma dopo il disastro del primo turno ha anche messo in guardia dal fatto che voterà solo i provvedimenti che gli andranno bene, non più assicurando un sì a priori a tutti i provvedimenti di Monti e dei suoi ministri.
E ieri ci ha pensato lo stesso segretario Angelino Alfano a ribadire la linea del PDL: niente nuove tasse e i provvedimenti dovranno essere concordati. Di questo dovrebbero anche parlare Monti e Berlusconi, ma non tutti l’hanno presa bene in Via dell’Umiltà.
A esternare il suo malessere per un incontro giudicato quanto meno inopportuno è stato uno dei coordinatori, Ignazio La Russa, il quale sostiene che a pochi giorni dai ballottaggi non è un bel segnale inviato agli elettori il fatto che il presidente del partito incontri il premier in carica, il cui governo è detestato dal 70% di chi vota il PDL. Insomma, una ragione di opportunità politica, perché così facendo, Berlusconi darebbe l’impressione di stare incondizionatamente con il governo, mentre i suoi elettori avrebbero voglia di sentirsi dire tutt’altro. Lo ammette La Russa, quando sostiene che se fosse per lui avrebbe già staccato la spina al governo dei Prof.
Bisogna vedere cosa si diranno i due e cosa esternerà l’ex premier dopo il pranzo. Di certo, fosse anche per lo stesso Berlusconi, Monti sarebbe a casa da un pezzo o forse a Palazzo Chigi non ci sarebbe mai entrato, ma lo scenario è molto più complesso e come ha anche ribadito l’ex premier in una delle ultime riunione del partito, il problema è che a Monti non esiste al momento un’alternativa politica e che il Paese rischierebbe di sprofondare nella crisi ancora di più. Non ultimo: il PDL avrebbe bisogno di tempo per riorganizzarsi e per costruire le dovute alleanze, perché andare al voto così significherebbe a priori consegnare il governo e il Parlamento nelle mani delle sinistre.
Berlusconi ha in mente quella federazione tra i moderati, che potrebbe essere l’antidoto efficace per evitare che l’iniziativa di compattare il fronte anti-sinistra rimanga nelle mani di Pierferdinando Casini. Inoltre, si guarda con estremo interesse a Luca Cordero di Montezemolo, la cui discesa in campo dovrebbe essere ormai imminente e sarebbe in condivisione con il PDL, sebbene da una posizione autonoma.
E non sembrerebbe un caso, secondo molte indiscrezioni, il fatto che il giorno dopo i ballottaggi, il leader centrista abbia buttato a mare il suo progetto di costruire il Terzo Polo, facendo infuriare Francesco Rutelli, ma soprattutto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, la cui esistenza politica sarebbe a dir poco minacciata.
Si parla di trattative sotterranee tra Berlusconi e Casini, al fine di costruire un’alleanza, magari partendo da basi diverse dal passato. E quest’ultimo dovrebbe sciogliere la riserva delle alleanze, una volta per tutte, entro questa estate, perché dopo rischierebbe di trovarsi isolato e per quanto un possibile ago della bilancia, il suo ruolo sarebbe sempre minore.
Casini ambisce a una figura istituzionale di primo piano, ma si è reso conto di non avere i numeri per fare da sé. Glielo hanno fatto comprendere i risultati deludenti dei ballottaggi, con esiti molto negativi in città come Palermo, dove il suo candidato non arriva nemmeno al secondo turno. Ma ancora di più avrebbe preso atto che il PD guarderà d’ora in avanti alla sua sinistra, perché è lì che spera di trovare i voti in fuga, mentre i centristi si dimostrano poco indispensabili per il partito di Bersani.
E allora, il leader dell’UDC vorrebbe tornare a un’alleanza con Berlusconi, ma chiedendo in cambio di ottenere una delle due poltrone più ambite: o Palazzo Chigi o il Quirinale.
Entrambe saranno a disposizione la prossima primavera e, ovviamente, se un nuovo centro-destra compatto dovesse vincere le elezioni, allora Casini vorrebbe o la guida del governo o la presidenza della Repubblica. Mica robetta.
Su questo si starebbe trattando, anche se non tutto dovrebbe ancora essere considerato scontato. Anche per questo motivo il PDL non potrebbe rompere con Monti ora. Così facendo non avrebbe il tempo per portare avanti le trattative con i centristi e magari preparare l’ingresso in politica di Montezemolo, ma inoltre spezzerebbe il rapporto proprio con l’UDC, che del governo tecnico è il fan più convinto.
Certo, il PDL rischia di arrivare all’appuntamento del voto con un elettorato minimo, dato che molti elettori sono da tempo in fuga verso l’astensionismo, perché contrariati dal sostegno del loro (ex) partito a Monti e al suo governo delle tasse. Anche di questo Silvio dovrebbe tenere conto.