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USA 2012, Romney stacca Obama di 7 punti. Scontro su nozze gay

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Giuseppe Timpone

Mancano meno di sei mesi al Super-Tuesday del 6 novembre, quando saranno decise le sorti della presidenza degli Stati Uniti, insieme ai destini di parte della Camera, di due terzi del Senato e di molti stati. Sei mesi decisivi per Barack Obama, che rischia seriamente di seguire l’ex collega francese Nicolas Sarkozy nella strada dell’abbandono della carica, dopo un solo mandato. A differenza che in Francia, dove da mesi tutti i sondaggi indicavano inequivocabilmente la vittoria del socialista François Hollande, qui le rilevazioni sono un pò più altalenanti e meno nette e bisogna anche aggiungere che per come è congegnato il sistema di voto, più che a guardare i dati nazionali, bisognerebbe fare i conti stato per stato, per via dell’assegnazione dei grandi elettori, 540 in tutto.

Tuttavia, il sondaggio pubblicato ieri da Rasmussen è inquietante per Obama. Il suo rivale Mitt Romney lo staccherebbe di ben sette punti percentuali, attestandosi per la prima volta da quando è in gara al di sopra del 50%, contro il 43% del presidente in carica.

Un exploit, quello di Romney, che molti analisti mettono in collegamento con il fatto che il repubblicano non è più attaccato dall’interno da almeno cinque settimane, da quando, cioè, l’italo-americano Rick Santorum non ha dovuto abbandonare la corsa per la nomination, a cavallo della settimana di Pasqua, a causa di problemi di salute della figlioletta Bella. E con un fronte interno più compatto, pur restando in gara Newt Gingrich e Ron Paul, Romney ha potuto concentrarsi contro Obama, potendo anche serrare i ranghi tra la destra più conservatrice, in vista delle presidenziali di novembre. Era quello che i dirigenti nazionali del GOP sostenevano da tempo: meno liti interne e più scontro diretto tra lui e Obama.

Ma il dato dovrebbe essere letto con apprensione dal presidente, visto che giunge in una fase non del tutto negativa dell’economia, con dati certamente allarmanti sulle previsioni di crescita immediate, ma con un tasso di disoccupazione, che sembra essere in netta discesa dai massimi raggiunti in questi quattro anni, per quanto ancora molto alto (sopra l’8%).

C’è poi chi insinua che i dati Rasmussen non siano obiettivi, guardando l’istituto con maggiore simpatia a destra. Ma che ci sia un rafforzamento dell’immagine di Romney è innegabile, tanto che gli elettori sembrerebbero preferirlo a Obama sui temi economici.

Ma lo scontro si è acceso, in questi giorni, sul nodo dei matrimoni gay. Obama ha rotto gli indugi, sollecitato dai democratici più liberal e nel corso di una cena con l’attore George Clooney si è espresso formalmente a favore delle nozze tra persone dello stesso sesso.

La mossa di Obama punta a recuperare i consensi della parte più delusa del proprio elettorato, che gli rimprovera di essersi molto moderato, durante questi tre anni e mezzo alla presidenza. Tuttavia, l’annuncio potrebbe allontanare gli elettori centristi, come rileva il sondaggio Gallup, per cui il 60% degli americani voterà senza essere influenzato da questo tema, mentre tra gli indipendenti il sì del presidente alle nozze gay avrebbe un effetto negativo.

E dopo lo svarione dello sfidante, che si era espresso per le adozioni da parte dei gay, è lo stesso Romney a puntualizzare e ribadire il no dei repubblicani al matrimonio per persone tra lo stesso sesso, sostenendo dinnanzi al Liberty College che il matrimonio è solo tra uomo e donna.

Il Partito Repubblicano potrebbe anche ammorbidire di tanto in tanto la sua posizione, specie tra gli stati del nord e costieri, tradizionalmente più progressisti, puntando a utilizzare il no tra gli stati evangelici del sud, per concentrarsi più sull’economia altrove. Questo, in considerazione del fatto che gli under 30 sarebbero negli USA fortemente favorevoli alle nozze gay, pare per il 65%. Il GOP, quindi, per non perdere questa fetta di elettorato mostrerebbe un atteggiamento meno rigido, per quanto non favorevole alle nozze tra omosessuali.

I democratici cercano di mettere in difficoltà i repubblicani proprio sull’economia, puntando a darne un’immagine come di alfieri di Wall Street e cercando di sfruttare il caso JP Morgan, con le sue perdite accumulate in sole sei settimane per 2 miliardi di dollari, nella speranza che Romney venga associato alla finanza spericolata, che tanto continua a spaventare l’americano medio.

Di certo, però, l’economia avvantaggia i repubblicani, che possono fare leva sugli scarsi risultati di Obama, la cui presidenza è stata segnata dal primo declassamento dei conti pubblici americani nella storia degli USA, da un alto tasso di disoccupazione e da un basso tasso di crescita, oltre che da prospettive non positive.

Ancora una volta, quindi, i valori sociali avranno più l’effetto di mobilitare l’elettorato dell’uno o dell’altro partito, ma il voto sarà determinato soprattutto dalle tasche degli americani. Per questo, Obama non potrà dormire sonni tranquilli e stavolta dovrà fare maggiormente leva su sé stesso, perché sembra molto lontano l’entusiasmante 2008, quando una stampa quasi totalmente compiacente gli servì la presidenza su un piatto d’argento e lo dipinse come un nuovo salvatore nazionale. L’entusiasmo si è spento, scontrandosi contro molte incapacità e inettitudini di Obama. La disillusione avanza.

 

 

 

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Giuseppe Timpone