In tutta Italia è scattato l’allarme Equitalia. Le sedi dell’agente unico di riscossione per le imposte dello stato sono sotto attacco da Nord a Sud. Nelle sole ultime ore, si registrano attacchi contro le sedi di Roma, in via Giuseppe Grezar, dove sarebbe arrivata una busta sospetta all’indirizzo delle direzione generale, mentre nelle sedi di Genova e L’Aquila era scattato ieri un falso allarme bomba. E a Melegnano, in provincia di Milano, due agenti di riscossione sono stati malmenati, nel corso di una verifica fiscale presso lo studio di un commercialista, dove era anche presente un imprenditore edile. Sarebbe iniziata una discussione, poi degenerata. Ma l’episodio più grave si è avuto oggi a Napoli, dove si teneva una manifestazione non autorizzata contro Equitalia, davanti alla sua sede. Gli agenti hanno cercato di disperdere i circa 600 manifestanti, ma durante una carica sono esplose violenze, che hanno avuto come conseguenza il ferimento non grave, fortunatamente, di dieci agenti e di alcuni manifestanti.
E si tratta solo di quanti è accaduto nelle ultime 24 ore, segno evidente che nel nostro Paese sta accadendo qualcosa di abbastanza serio, frutto di un clima avvelenato tra le istituzioni e i cittadini.
La società oggi ha diramato una nota, in cui esprime preoccupazione per gli accaduti e il rammarico per il continuo e irresponsabile, a suo dire, accostamento tra i suicidi degli ultimi mesi per problemi fiscali e il nome di Equitalia. Quest’ultima esprime vicinanza ai familiari delle vittime, ma sostiene di non essere responsabile dei tristi accadimenti, ma di svolgere solo il proprio dovere, invitando tutti, istituzioni comprese, a instaurare un clima di dialogo tra le parti, che possa condurre alla migliore soluzione possibile dei problemi. Ma i drammi di questi giorni sono tutt’altro che episodi da derubricare a semplici atti di violenza e illegalità. La rabbia montante contro l’agente di riscossione è dovuta essenzialmente a due motivi: la protesta contro le politiche fiscali restrittive del governo Monti, il quale non potendo essere contestato “fisicamente”, crea un clima di esasperazione contro i suoi rappresentanti e vuoi o non vuoi, Equitalia viene avvertita come longa manus dello stato; la degenerazione con cui la stessa Equitalia ha espletato i suoi compiti in questi anni.
Malgrado le imposte siano fissate senza dubbio alcuno dallo stato e, pertanto, Equitalia è solo il tramite tra di esso e il contribuente, è altrettanto vero che il modo di operare di questo agente ha generato negli ultimi tempi molti dubbi sulla sua trasparenza e opportunità.
Molte cartelle esattoriali vengono inviate al domicilio del contribuente solo a ridosso della scadenza della prescrizione prevista, aggravando al massimo il dovuto, per effetto degli interessi, che in moltissimi casi sono a dir poco esosissimi, ai limiti del’usura. In sostanza, senza che sia mai giunta una previa contestazione a casa del contribuente, la cartella viene spesso inviata comprensiva di interessi dovuti sul periodo massimo consentito dalla legge, mentre è evidente la lentezza o la cattiva fede con cui tali pratiche vengono gestite dall’agente.
Altra ragione per dubitare poi sulla buona fede di Equitalia è l’esagerazione con cui si è arrivati in questi ultimissimi anni a ipotecare beni immobili e mobili registrati persino per importi di scarsa rilevanza. Anche per qualche centinaio di euro viene iscritta ipoteca su un’auto, mentre per qualcosa di più si ipoteca pure una casa. E’ normale tutto questo? Certamente, no.
Equitalia dovrebbe discernere tra un caso evidente di evasione fiscale e quelli molto frequenti oggi di impossibilità di pagare un’imposta, a causa della crisi. Dovrebbe, cioè, dotarsi di una politica interna, che deve promanare dalla dirigenza nazionale e la cui mancanza non è certo addossabile al povero cristo allo sportello.
La proposta di un dialogo tra le parti giunge molto tardivamente, mentre sarebbe opportuno che lo stato rivedesse le modalità di gestione del servizio, a cominciare da quel 9% di provvigione concessa, che sembra una percentuale spropositata e che grava sulle tasche del contribuente.
Andrebbe, cioè, rivisto il servizio di concessione e i comuni dovrebbero limitare al minimo il ricorso alla gestione esterna della riscossione, perché è chiarissimo, ormai, che in tema di tasse il rapporto tra istituzioni e cittadino deve essere quanto il meno mediato possibile, onde evitare che quest’ultimo non abbia a disposizione alcuno strumento di patteggiamento, per fare valere le sue ragioni.
E’ lo stesso problema che riguarda l’Agenzia delle Entrate, altro strumento indispensabile per uno stato moderno, ma che per effetto dell’ottusità quasi ideologica del suo presidente Attilio Befera si è trasformata in molte occasioni in altro viatico di pressione smisurata sul cittadino, una sorta di Grande Fratello invadente e onnipresente.
Anche in questo caso, le responsabilità sono dello stato, ma bisogna comprendere che nell’attuazione delle norme è necessario applicare sempre una dose di prudenza e di buon senso, cosa che non hanno dimostrato di possedere né Equitalia, né l’Agenzia delle Entrate, contribuendo ad alimentare un clima di velenosa esasperazione.