“Non è un bel giorno”. Sono queste le parole del ministro del lavoro, Elsa Fornero, che riassumono il clima in cui si sono svolte ieri le manifestazioni consuete per il Primo Maggio. La più importante si è tenuta ieri a Roma, dove si è svolto il tradizionale Concertone, a cui pare che abbiano partecipato circa 500 mila persone, in gran parte giovani. Ma anche questa cifra dimostra un pò l’aria da sotto-tono dell’evento, che in genere vede la presenza anche di un milioni di italiani, evidentemente scoraggiati un pò dai costi di trasporto, un pò anche dal dimesso clima generale di austerità e di mancanza di prospettive.
Sta di fatto che ieri è andata parecchio male ai leader della sinistra, fischiati a Torino, come a Portella della Ginestra, dove sfilavano tra la folla rispettivamente il sindaco Piero Fassino e il segretario del PD, Pierluigi Bersani.
Le maggiori tensioni si sono avute nel capoluogo piemontese, dove qualche centinaio di giovani appartenenti al centro sociale Askatasuna, di ispirazione anarchica, ha contestato il sindaco sin dall’inizio della manifestazione, con anche il lancio di bombe carta, che hanno seminato un pò il panico tra i partecipanti. E gli anarchici hanno anche tentato di raggiungere Fassino, con slogan e urla al suo indirizzo. Una contestazione non insolita in queste occasioni, ma che si colora di una certa venatura politica, in considerazione di quanto accaduto anche in Sicilia, a Portella della Ginestra, dove era presente il segretario del Partito Democratico, Pierluigi Bersani, il quale non appena ha raggiunto la Casa del Popolo è stato contestato duramente da qualche centinaio di manifestanti, per lo più disoccupati, che hanno gridato contro di lui slogan come “Vergogna, vergogna!” e chiedendo “lavoro, lavoro”.
Una giornata da dimenticare per la sinistra italiana, che pensava di capitalizzare almeno in parte il malcontento tra i lavoratori italiani, con i soliti sermoni vuoti e privi di credibilità. Un segnale preoccupante per i “compagni”, quando mancano 5 giorni alle elezioni amministrative.
Ieri, infatti, mentre Fassino e Bersani venivano contestati, il comico Beppe Grillo girava in lungo e in largo il Piemonte, tenendo comizi a Caselle, Chivasso, Asti, La Loggia, in vista proprio delle elezioni di domenica e lunedì prossimi.
Non ci sono state contestazioni contro di lui, il quale ha intrattenuto le folle con discorsi molto duri contro il governo e il Parlamento. Ieri, le accuse più forti di Grillo erano all’indirizzo del premier Monti, di cui il comico prevede una fine imminente, visto che i politici, a suo dire, lo scaricheranno presto e riverseranno su di lui tutte le loro colpe. La responsabilità del premier, continua, è stata di avere governato senza il consenso.
Ma è sull’ex premier e braccio destro di Craxi, Giuliano Amato, che Grillo riversa tutta la sua opposizione. Nominato appena super-consulente, per decidere sui tagli da attuare sulla spesa pubblica, evidenza come Amato fosse il tesoriere di Craxi per il Partito Socialista, ma mentre Lusi della Margherita o Belsito della Lega vengono inquisiti, non si sa come Amato no e ora dovrebbe persino decidere su dove tagliare la spesa, “avendo una certa esperienza nel maneggiare i soldi pubblici”, afferma ironico Grillo.
Il comico continua, citando la cifra della super-pensione riscossa mensilmente da Amato: 32 mila euro. Una italica vergogna di cui i grillini certamente si alimentano nell’espandere i loro consensi.
Per questo, rinvigorito dai sondaggi, che su base nazionale lo accrediterebbero di un 7-8%, potenzialmente fino al 10%, il Movimento a 5 Stelle punta ad entrare in Parlamento, alle prossime politiche e ieri Grillo dal palco ha salutato i presenti, dando loro appuntamento proprio a Roma, nelle due Camere, tra un anno.
Ma la polemica sulla frase del comico a Palermo, per cui lo stato sarebbe peggio della mafia, non si è affatto spenta. Anche un altro comico, Fiorello, è intervenuto, affermando che Grillo ha detto una “cazzata”, mentre il segretario del PD, Bersani, si è detto inorridito per lo sdoganamento prima degli evasori fiscali e poi dei mafiosi.
“Sia maledetto chi pensa male”, ha risposto Grillo, per cui la sua frase andrebbe così interpretata: la mafia vuole che le sue vittime restino vive, perché se muoiono non possono pagare. Uccide, certo, ma solo quando deve affermare il predominio sul territorio. Lo stato e la finanza internazionale, aggiunge, sono totalmente insensibili, invece, a un imprenditore che si suicida.
Per il 25 aprile era sceso in campo lo stesso presidente Giorgio Napolitano contro il rischio di populismo contro i partiti. Ma che un capo di stato abbia sentito la necessità di rispondere a un comico la dice molto lunga sulla tenuta delle istituzioni e sulla capacità della classe politica di fare fronte al malcontento crescente e rabbioso, che monta nel Paese.
Ovviamente, la sinistra è al momento la più inviperita dal fenomeno grillino, che dopo avere coccolato per anni le è sfuggito di mano, ritorcendosi contro di essa. Cadono non a caso le accuse di s-fascismo, razzismo, demagogia, omofobia e quant’altro contro l’M5S.