Siamo al giro di boa. Una settimana fa si è tenuto il primo turno delle elezioni presidenziali francesi, che ha visto soccombere Nicolas Sarkozy, presidente uscente, in favore dello sfidante socialista François Hollande, per circa un punto e mezzo di distacco. Poca roba da un punto di vista dei numeri, ma le cifre rischiano di inchiodare Sarkozy all’insuccesso, come, peraltro, gli stessi sondaggi suggeriscono da mesi. Perché se al primo turno il suo distacco da Hollande è scarso, bisogna fare i conti con l’avanzata del Fronte Nazionale, i cui consensi non possono essere messi in cassaforte, contrariamente a quanto si potrebbe pensare.
In verità, il guaio per Sarkozy sta proprio qui. Sette giorni fa, abbiamo scoperto che Marine Le Pen ha ottenuto un bacino di voti ben più alto delle previsioni, attestandosi al 18%, il massimo storico mai raggiunto dalla destra radicale francese.
Questo non solo ha sottratto voti a Sarkozy, ma lo ha fatto piombare in una situazione classica di sconfitta quasi aprioristica. Infatti, per vincere, dovrà attingere a quella parte dei voti di Le Pen, che gli saranno necessari per salire la china al secondo turno. Tuttavia, molti hanno votato la pasionaria della destra in Francia proprio per protesta contro il quinquennio di Sarkozy all’Eliseo. E allora, per convincerli a votare per lui, il presidente dovrà fortemente virare a destra nei toni e nelle proposte, ma con il rischio di perdere qualche consenso al centro, tra quel 10% scarso di François Bayrou, ma che resta determinante per assegnare la vittoria all’uno o all’altro candidato.
Dall’altra parte, Hollande non ha lo stesso problema e per due ragioni fondamentali. La prima è che i voti ottenuti dal Fronte della Sinistra sono inferiori alle attese e pari all’11%, cioè a livelli contenuti. La seconda è che questi voti saranno quasi automaticamente suoi al secondo turno, perché il leader dell’ultra-sinistra, Jean-Luc Mélénchon, ha lanciato un appello la stessa sera della chiusura dei seggi, la domenica scorsa, affinché tutti insieme si sconfigga Sarkozy. Gli stessi sondaggi rivelano che la stragrande maggioranza di chi ha votato il Fronte della Sinistra darà il proprio voto a Hollande, che ha già potuto concentrarsi in questa prima settimana di campagna elettorale sul voto centrista, cosa che Sarkozy ha potuto fare soltanto in parte.
La trappola in cui è caduto il presidente uscente è evidente e si rivelerà tale tra sette giorni, quando avremo appreso che Sarkozy ha perso le elezioni presidenziali.
Un sondaggio realizzato per Yahoo! da Lh2 conferma questo scenario, se ce ne fosse ancora bisogno. Hollande resterebbe in testa al 54%, contro il 46% di Sarkozy. Il primo perderebbe così due punti in pochi giorni, mentre il secondo risalirebbe, ma non abbastanza per intimorire il candidato socialista. Per tentare il colpaccio, dunque, Sarkozy dovrebbe ancora smuovere altri quattro punti percentuali. Restano sette giorni e la cosa non è semplice, a questo punto pare, anzi, impossibile.
Certo, è ancora alta la percentuale degli indecisi: il 28% della popolazione transalpina. Da qui potrebbero arrivare consensi maggiori per l’attuale inquilino dell’Eliseo. In sostanza, si rifugerebbe nell’astensione o nel non voto il 35% di chi al primo turno ha scelto Marine Le Pen; il 45% degli elettori frontisti voterebbe per Sarkozy e un buon 20% per Hollande.
Al centro, il 30% degli elettori di Bayrou avrebbe scelto Hollande, il 31% Sarkozy e il 39% si asterrebbe o non voterebbe. E ancora, spostandoci all’estrema sinistra, gli elettori di Mélénchon voterebbero per il 70% Hollande, solo il 2% Sarkozy e per il 28% sarebbero indecisi.
Insomma, è chiaro: Hollande sarà con molta probabilità il prossimo presidente francese e il secondo socialista nella storia della Quinta Repubblica. L’impresa ad oggi era riuscita solo a François Mitterand, nel 1981 e rieletto nel 1988.
Per l’Italia, l’uscita di scena di Sarkozy sarebbe una benedizione e questo indifferentemente dalle posizioni politiche di ciascun partito. Infatti, il quinquennio sarkozyano si è rivelato arrogante e dagli accenti fortemente anti-italiani, come hanno dimostrato l’impresa libica prima, con una guerra scatenata da Parigi contro il Colonnello Gheddafi, al fine di scalzare le aziende italiane in favore di quelle francesi nella spartizione degli appalti a Tripoli; o peggio con la gestione della crisi umanitaria a Lampedusa e poi anche in Valle D’Aosta, con la Francia a fare da capofila tra quanti a Bruxelles hanno addossato solo sulle spalle dell’Italia la questione degli immigrati in fuga dal Nord Africa. Infine, non ci si può dimenticare della risatina di Sarkozy con la Merkel, quando gli fu posta una domanda in conferenza stampa sul nostro allora premier Silvio Berlusconi. Una derisione delle nostre istituzioni che non fece onore all’Eliseo.
Pertanto, tra sette giorni, quando ascolteremo che Nicolas Sarkozy è stato battuto da François Hollande non dovremmo stracciarci le vesti, per quanto fanno tremare le basi su cui poggerà il quinquennio del socialista. Tuttavia, non si tratta solo di soddisfazione a posteriori, ma anche di un sospiro di sollievo per esserci sbarazzati di un capo di stato disastroso nella gestione della crisi europea, che ha preteso di sostituirsi al resto dell’Europa, basando la politica comunitaria solo su vertici bilaterali con i tedeschi. Vada proprio a casa Monsieur Sarkò!