Beppe Grillo attacca Napolitano: “sei una salma”

Scontro a distanza tra il comico genovese Beppe Grillo e il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. L’occasione per alzare il tono delle parole è arrivata per la celebrazione del 25 aprile, quando il capo dello stato ha ricordato l’importanza dei partiti e ha avvertito sul rischio che l’Italia si abbandoni ai “demagoghi di turno”. Un riferimento esplicito al Movimento a 5 Stelle, che non ha preso per nulla bene le dichiarazioni del presidente. La risposta di Grillo non si è fatta attendere, con il comico che ha definito Napolitano “una salma” e lo ha invitato ad attenersi alla Costituzione, quindi, ad essere super-partes, ricordando al capo dello stato che il suo Movimento conta già 130 consiglieri in tutta Italia.

Le parole del capo del Quirinale, tuttavia, evidenziano il forte clima di tensione nel Paese, specie dopo che lo stesso Grillo aveva espresso una considerazione molto forte sullo stato attuale della nazione. “Se tornassero i partigiani, saprebbero cosa fare oggi. Impugnerebbero la mitraglietta”.

Parole fortissime, quelle di Grillo, che scuotono la politica, indebolita come mai nella storia della repubblica. E la difesa un pò patetica di Napolitano del ruolo dei partiti suona come uno squillo di tromba per la morente Seconda Repubblica, che sembra nella condizioni di chi si nasconde nel bunker, consapevole della fine imminente. Potrà sembrare irriverente e paradossale, ma il primo e vero Grillo della situazione è stato proprio il nostro capo dello stato. E’ lui oggi il massimo rappresentante dell’anti-politica, elevata al più alto scranno istituzionale. Quando nel novembre 2011, dopo mesi di tentativi, riesce nell’operazione di formare un governo tecnico, di fatto auspicando e sollecitando le dimissioni del premier Berlusconi, quell’atto altro non è che la forma più alta di anti-politica. Certamente non urlata e sguaiata, ma sostituire i politici con i tecnici e mettere a tacere le divisioni tra le coalizioni non è che anti-politica.

Il guaio di Napolitano è che la previsione era tutta un’altra. Si pensava che l’arrivo di Mario Monti, guarda caso nominato senatore a vita prima ancora che Silvio Berlusconi si dimettesse da presidente del consiglio, avrebbe portato a un effetto salvifico sull’Italia, con il rientro quasi immediato dello spread e una cavalcata trionfante sullo scenario internazionale.

Sappiamo che così non è andata e dopo alcune settimane di pura illusione, spread alto e scarsa credibilità rimangono le fondamenta del nostro Paese sui mercati finanziari, a conferma come le ragioni della crisi fossero in grossa parte esterne.

Crisi montante, disoccupazione in netta crescita, tasse esplosive e tagli indiscriminati hanno portato l’economia al collasso e oggi nemmeno il Quirinale si salva dal tracollo imminente delle istituzioni. Da arbitro imparziale, Napolitano ha indossato i panni del regista interventista e a tratti poco discreto, con la conseguenza di essere stato trascinato nelle beghe politiche di quarto ordine, subendo gli insulti di piazza di Grillo e delle sue cinque stelle.

Ma rispondere a tali frasi, rifugiandosi nella storia del ruolo dei partiti è quanto meno imbarazzante. In primis, perché i partiti non godono di alcun credito tra i cittadini. L’ultimo sondaggio disponibile da la loro popolarità al 2%, praticamente a zero. La loro difesa quasi d’ufficio rischia di generare un sentimento di reazione e indignazione tra gli italiani, proprio mentre la stampa da in pasto alla pubblica opinione numerosi episodi di corruzione e di sperpero del denaro pubblico da parte dei politici di ogni schieramento.

Secondariamente, è stato lo stesso Napolitano ad avere dimostrato di non avere fiducia nei partiti, quando si sostituì, nei fatti, ad essi, dando vita a un governo tecnico, non a caso ribattezzato nelle cronache come anche “governo del presidente”.

Ma lo scontro sta istituzioni e realtà esterne alla politica sta talmente degenerando che si sono sentiti in dovere di dire la loro anche leader di partito, come Bersani, Di Pietro e Casini.

Il primo ha intimato a Grillo di non permettersi di attaccare il capo dello stato, mentre in un’intervista a “Il Fatto”, Di Pietro ha riconosciuto le opinioni del comico, ma ha cercato di distinguersi da questi, sostenendo che la sua politica è improntata non solo alla critica, ma anche alla proposta, cosa che a suo dire Grillo non farebbe.

Non ultimo, l’intervento del leader UDC, Pierferdinando Casini, il quale ha auspicato ironicamente che Grillo entri presto in Parlamento, così sarà costretto a passare dalle parole ai fatti.

La sensazione è che il comico stia seminando il panico a sinistra, come dimostrano le continue dichiarazioni contrariate dei suoi leader a ogni affermazione che questi compie nei suoi numerosi comizi o sul suo blog.

Avete poi fatto caso che a destra non si da nemmeno tanto risalto a certe sguaiatezze di Grillo? Certamente, non c’è un endorsement da parte del PDL, tra i partiti più attaccati dal Movimento a 5 Stelle, ma quanto sta accadendo in queste settimane sembra proprio una vendetta a freddo servita alla sinistra, che dopo essersi abbeverata di ogni istinto populista, oggi ne paga le conseguenze.

 

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