I rincari sono imperanti ma nello stesso tempo le retribuzioni contrattuali sono sostanzialmente al palo. L’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) ha infatti reso noto che nello scorso mese di marzo, rispetto al mese precedente, l’indice che misura le retribuzioni contrattuali orarie ha fatto registrare una variazione nulla, mentre rispetto allo stesso mese del 2011 l’aumento è stato pari ad appena l’1,2%, ovverosia circa tre volte in meno rispetto invece alla dinamica inflazionistica registrata sin qui durante l’anno. La crescita delle retribuzioni è insoddisfacente anche su base trimestrale visto che queste, nel primo quarto del 2012, sono cresciute di appena l’1,3% rispetto al periodo gennaio-marzo del 2011.
La bassa crescita delle retribuzioni è frutto della stagnazione dell’indicatore per quel che riguarda la pubblica amministrazione, mentre a livello settoriale i settori dove la crescita delle retribuzioni a marzo 2012 si è attestata sopra la media sono quelli delle telecomunicazioni, gomma, settore chimico, abbigliamento, lavorazione delle pelli e, tra l’altro, anche il settore tessile e metallifero.
Nulle sono state invece le variazioni retributive nei settori dell’assicurazione, credito, agricoltura e per tutta la pubblica amministrazione. E se gli stipendi crescono in media troppo poco, è buio pesto per le pensioni dopo le novità penalizzanti introdotte dal Governo Monti. Non a caso in tal senso nei giorni scorsi, in maniera unitaria, i Sindacati di Cgil, della Cisl e della Uil hanno scritto al Ministro Fornero affinché possa essere riattivato sulle pensioni un confronto con il fine di arrivare a soluzioni concrete a tutela innanzitutto dei lavoratori in mobilità e dei cosiddetti “esodati“.