Sono nere le prospettive sull’Italia del Fondo Monetario Internazionale, che oggi ha pubblicato il suo “World economic outlook”, ossia l’aggiornamento sulle previsioni di crescita dell’economia degli stati membri del pianeta. Sul nostro Paese c’è ben poco da stare allegri, visto che l’istituto di Washington prevede una contrazione del pil dell’1,9% quest’anno e dello 0,3% nel 2013. Quindi, l’Italia sarà in recessione non solo nel 2012, ma anche l’anno prossimo e lo stesso rapporto sottolinea come si tratti dell’unica tra le grandi economie a registrare un calo del pil nel 2013, visto che anche la Grecia dovrebbe porre fine alla caduta libera della sua ricchezza, registrando una variazione nulla sul 2012.
Quest’anno, poi, l’intera Eurozona dovrebbe andare complessivamente in recessione dello 0,3%, per agganciare una tiepida ripresa nel 2013, quando il pil dovrebbe salire dello 0,9%.
A fare peggio dell’Italia saranno solo Grecia e Portogallo, che nel 2012 dovrebbero subire un crollo del pil rispettivamente del 4,7% e del 3,3%, mentre la Spagna si porrebbe subito dopo il nostro Paese, con un calo dell’1,8%. Rispetto alle precedenti previsioni comunicate dall’FMI il 24 gennaio scorso, vi è sì un miglioramento di prospettiva, ma si conferma l’anomalia negativa dell’Italia, unica economia a restare in recessione anche nel 2013. Tre mesi fa, Washington aveva stimato un calo del 2,2% del pil per quest’anno e dello 0,6% l’anno prossimo. Tuttavia, non è chiaro se il miglioramento possa essere addebitato al fatto che le nuove previsioni si basino sui dati raccolti fino a marzo, quando il miglioramento dello spread, sceso sotto i 270 punti base per i BTp italiani aveva lasciato immaginare un’altra realtà. Con il ritorno delle tensioni sui mercati finanziari, è probabile che Italia e Spagna confermino più i dati negativi di gennaio, anziché mostrare segni di miglioramento.
Nell’Eurozona, il pil dovrebbe contrarsi di mezzo punto percentuale nella prima parte dell’anno, per poi riprendere a crescere nella seconda metà del 2012.
Per l’Italia, poi, un altro dato negativo arriva oggi sia dallo stesso FMI che dall’Eurostat e riguarda la dinamica dei prezzi. A marzo, infatti, nella UE-17, ossia dei Paesi dell’euro, l’inflazione media è stata del 2,7%, stesso dato del mese di febbraio e in crescita dell’1,3% su base mensile. In Italia, al contrario, l’inflazione si è attestata a un tasso del 3,8%, mostrando una crescita mensile del 2,5%.
Lo scenario non sarebbe positivo neppure per il Fondo Monetario, che dopo il 2,9% del 2011, per il nostro Paese prevede una crescita dei prezzi del 2,5% quest’anno e dell’1,8% nel 2013, contro una media dell’Area Euro del 2% e dell’1,6%, rispettivamente.
Il dato italiano sull’inflazione è, quindi, doppiamente negativo. In primis, perché la forbice tra la crescita dei nostri prezzi a marzo e quelli medi nell’Eurozona, potremmo dire, lo spread dei prezzi, è molto ampio e allarmante. Ciò indica che l’Italia continua a perdere competitività, visto che le nostre merci tendono a mostrare prezzi in crescita maggiore delle merci dei nostri concorrenti europei. Secondariamente, è molto negativo che il tasso d’inflazione tenda a rimanere (più) alto e nonostante la recessione della nostra economia, in atto da mesi.
Questo fatto suggerisce che le possibilità di un recupero dell’economia italiana sono basse, perché la dinamica dei prezzi influisce negativamente sul pil. E la miscela tra alti prezzi e recessione segnala una situazione due volte negativa, non certamente paragonabile alla stagflazione degli anni Settanta, ma nei fatti con le stesse conseguenze in termini di allontanamento delle prospettive di una ripresa a breve.
Da questo punto di vista, sono da guardare con allarme gli aumenti delle accise sui carburanti, che già a dicembre hanno provocato un’impennata non solo del prezzo della benzina, ma a cascata un pò di tutti i prezzi dei beni, specie alimentari, facendo crescere in particolare il cosiddetto “carrello della spesa” degli italiani, ossia le merci acquistate dalle famiglie con maggiore frequenza.
L’annuncio di possibili ulteriori aumenti delle accise, per finanziare il fondo in favore della Protezione Civile, suona come una notizia nefasta per le sorti dell’intera economia e rischia di portare a un tracollo verticale dei consumi, già in atto da qualche mese in alcuni settori dell’economia, che si sta accompagnando al calo dei consumi negli altri comparti.
Il direttore generale dell’FMI, Christine Lagarde, si è voluto complimentare con il governo Monti per la riforma del mercato del lavoro da poco varata, mostrando apprezzamento anche per le altre misure adottate dall’esecutivo, che sarebbero un buon punto di equilibrio tra la necessità di risanare i conti e quella di non colpire duramente l’economia.
Dichiarazioni, forse, frutto di chi conosce poco la situazione economica del nostro Paese, alle prese con il blocco generale delle attività complessive, proprio mentre gli italiani sono oggetto di un inasprimento fiscale che non ha precedenti nella storia recente.
Che il nostro sia l’unico Paese a rimanere in recessione anche nel 2013 non sarà un caso. C’entreranno molto gli spread e le considerazioni sui mercati finanziari, ma l’introduzione di nuovi balzelli e la stretta fiscale sembrano avere peggiorato le prospettive a medio termine e rischiano di allontanare la ripresa di trimestre in trimestre. Alla fine dell’anno prossimo potremmo dire di avere vissuto quattro anni di recessione sugli ultimi sei. Un quadro drammatico di un declino inarrestabile.