Allarme astensione, il 35,9% non andrebbe a votare

E’ il primo partito d’Italia e supera di gran lunga tutte le altre formazioni politiche del Belpaese. Benvenuti nel mondo dell’astensionismo, ossia di coloro che ritengono che alle prossime elezioni non andranno a votare. Da qui alla primavera del 2013, quando sono previste le elezioni politiche, passerà molta acqua sotto i ponti e molto potrà cambiare. Ma se è vero che le origini del diffuso malcontento sono la crisi economica lancinante e la scarsissima credibilità dei partiti, è assai probabile che le cose si metteranno di male in peggio, visto che la situazione sul fronte economico e della stessa tenuta delle istituzioni si aggrava.

Ieri, un sondaggio commissionato dal TG La7 e condotto dalla casa di rilevazione Emg dava il numero degli astenuti al 35,9%, mentre gli indecisi sarebbero il 17,9% e coloro che hanno risposto di votare scheda bianca il 3,2%.

Quadro di una disaffezione evidente, che non preoccupa un luminare dei sondaggi, come Nicola Piepoli, il quale intervistato da La Stampa sostiene che sarebbe un fatto consueto rispondere di non andare a votare alle prossime elezioni, ma poi la percentuale si attesta tra il 76% e l’80%. Discorso esatto per il passato, ma sono tanti i segnali che inducono a pensare che stavolta si rischia la diserzione di massa alle urne. Secondo il Corriere, ad esempio, la percentuale di coloro che alle prossime elezioni potrebbero non andare al voto sarebbe del 49%. In sostanza, un italiano su due resterebbe a casa come protesta contro una classe politica giudicata del tutto inadeguata.

E la stessa percentuale salirebbe al 70-80% per le amministrative prossime, che se fosse davvero confermato, sarebbe un dato devastante per la tenuta della democrazia e delle istituzioni repubblicane.

Ma che le cose non si mettano granché bene per la stabilità di governo lo dimostrano anche i dati sui consensi dei partiti politici. Cominciamo dal centro-destra. In generale, si registra un calo, per cui il PDL arriverebbe al 21,4%, in calo dello 0,6% dalla precedente rilevazione, ma cosa ancora più grave, il partito dell’ex premier sarebbe sotto di sedici punti esatti, rispetto al dato delle politiche del 2008. La Destra arriverebbe a mala pena al 2%, mentre la Lega Nord scenderebbe al 6,6%, che visto lo scandalo dei finanziamenti, non sarebbe nemmeno un dato disastroso.

Insomma, il centro-destra sarebbe ridotto al lumicino e non pare che la leadership di Angelino Alfano venga ritenuta credibile dall’elettorato di riferimento, pagando lo scotto maggiore del sostegno al governo Monti.

Dall’altra parte della barricata politica, il PD crescerebbe dell’1,2% e arriverebbe al 30%. Il dato, obiettivamente parlando, sembra molto sovrastimato e puzza tanto di ammiccamento da parte di una rete televisiva amica. Ad ogni modo, questa sarebbe la percentuale assegnata al partito di Bersani. L’Idv di Di Pietro arriverebbe, invece, all’8,1%, mentre in netto calo ci sarebbe Sinistra e Libertà di Nichi Vendola, che scenderebbe al 6,1%, perdendo l’1,1%.

Spostandoci al centro, l’Udc di Casini schizzerebbe al 9%, guadagnando lo 0,7% in poche settimane, mentre quasi stabile sarebbe Fli di Fini, al 3,8%.

Ma il dato che inquieta la sinistra sarebbe un altro. Il Movimento a 5 Stelle di Beppe Grillo sarebbe a un buon 4,4%, anche se  qualche altro sondaggio darebbe la formazione del comico genovese intorno al 7%.

Una cifra, che in molte realtà del centro-nord potrebbe fare la differenza, visto che Grillo è stato alla base già della sconfitta dell’ex governatore di centrosinistra in Piemonte, Mercedes Bresso, così come ha ottenuto percentuali importanti alle amministrative della primavera 2010, raggiungendo anche la doppia cifra in realtà non secondarie, come Rimini.

Cala vistosamente l’appeal del governo e di Monti, sceso al 52%, in perdita del 3% e del 9% dal suo insediamento. Una coalizione dell’attuale maggioranza riscuoterebbe il parere favorevole solo del 53,6% degli elettori, mentre il 27,7% vedrebbe positivamente una maggioranza Sel, Idv e Grillo.

Se prima era una sensazione, adesso inizia ad essere una previsione realistica. Nel 2013 ci troveremo con istituzioni ancora più delegittimate, visto che molto probabilmente almeno un terzo degli elettori non andrà a votare. I due terzi che faranno lo stesso il loro dovere, voteranno in modo meno lineare del 2008, provocando l’ascesa in Parlamento di diverse formazioni populiste e non assegnando una maggioranza chiara a nessuna delle due coalizioni che si scontrarono nel 2008.

Altro spunto di riflessione: l’addio di Berlusconi al governo è stato un cataclisma per il PDL, in crisi di credibilità e di leadership. Alfano non potrà sostituire minimamente il carisma del capo perduto e il partito è vistosamente inadeguato a rappresentare gli umori e le ambizioni della base di centro-destra nel Paese, che potrebbe in massa rifugiarsi nel non voto.

Se si vorranno risollevare le sorti dei partiti moderati, una ri-discesa in campo di Berlusconi è inevitabile, ché ne dicano i soloni della politica. Se non come candidato premier, cosa che egli stesso esclude, almeno in qualità di supervisore e garante del pollaio del PDL. Magari non si eviterebbe il forte calo dei consensi, ma il tracollo certamente sì.

 

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