L’italo-americano Rick Santorum ha annunciato ieri di abbandonare la corsa per la nomination del Partito Repubblicano. In un discorso emozionante e non privo di commozione, Santorum, affiancato dalla moglie Karen a Gettysburg, nella sua Pennsylvania, ha gettato la spugna, comunicando la decisione agli americani e spiegando che il passo sarebbe stato deciso attorno al tavolo della cucina di casa, come ogni decisione maturata in politica in questi mesi. Ma le condizioni di salute della figlioletta Bella si sono aggravate nel periodo pasquale, tanto che si è reso necessario un ricovero. Bella, questo il nome della piccola, è affetta dal trisoma 18, una malattia fatale per oltre il 90% dei bambini che ne sono affetti.
Pertanto, Santorum e la moglie avrebbero deciso di dedicarsi solo al recupero dello stato di salute della piccola, chiudendo una campagna elettorale, che inaspettatamente aveva scaldato i cuori degli elettori di destra, proprio grazie alla discesa in campo dell’italo-americano.
E’ lo stesso Santorum ad affermare che è stato importante ribadire che nessuna economia può essere forte, senza che siano forti le famiglie. L’avversario interno, Mitt Romney, si è congratulato pubblicamente, chiedendo alla base l’unità del partito. Per quanto sia stata determinante la malattia della figlia, la decisione di Santorum arriva anche a un punto cruciale della campagna elettorale, che lo vede molto distante dal numero delegati necessari ad agguantare la nomination del partito: 275 contro i 659 di Romney. Se si tiene conto che per ottenere la maggioranza ne servono 1.144, si capisce come fosse ormai molto difficile per l’ex senatore della Pennsylvania vincere la sfida, specie dopo che anche il capogruppo alla Camera, Paul Ryan, e il senatore della Florida, Marco Rubio, entrambi espressioni del mondo conservatore del GOP, hanno apertamente appoggiato Romney nella corsa per la nomination.
A questo punto, l’ex governatore del Massachussetts non dovrebbe più avere alcun ostacolo sulla via della vittoria interna. Malgrado la nomination sarà assegnata dal partito ad agosto, nella convention di Tampa Bay, già oggi scatta la corsa per le presidenziali vere e proprie, che lo vedrà impegnato contro il presidente in carica Barack Obama.
In realtà, formalmente la corsa per la nomination continuerà, visto che restano in gara Ron Paul e Newt Gingrich, i quali complessivamente hanno meno di 200 delegati e godono di scarso appeal, non in grado di sostituire Santorum. In più, la prosecuzione della sfida negli stati restanti è anche un modo per raccogliere fondi in favore dei candidati.
E l’inatteso abbandono della corsa da parte del rivale più temibile lancia Romney nella sfida del 6 novembre. Al momento, il candidato repubblicano sarebbe quasi alla pari con Obama. Un calcolo effettuato dalla rete televisiva Cnn darebbe Barack Obama a 266 delegati, mentre Romney sarebbe a 262. Per ottenere la vittoria servono 270 delegati. In sostanza, i due candidati sono alla pari, come dimostrano i sondaggi altalenanti delle ultime settimane, che vedono in testa l’uno o l’altro, a secondo del momento.
La sfida in campagna elettorale sarà in alcuni stati-chiave, i quali determineranno nei fatti il risultato delle elezioni presidenziali. Si tratta dei cosiddetti stati “swing”, ossia “oscillanti”, come Ohio, Michigan, Florida e Virginia.
In Ohio, Romney si è imposto di misura su Santorum e per questo il mormone potrebbe avere bisogno di una base conservatrice che lo segua, essendo notoriamente più stimato dall’elettorato centrista. Per questo, sarà cruciale la scelta del candidato alla vice-presidenza.
Nei giorni scorsi si era fatto il nome proprio di Santorum, che in una telefonata allo stesso Romney gli avrebbe garantito sostegno per le presidenziali. Bisogna verificare, però, se l’ex senatore italo-americano abbia la possibilità di impegnarsi nei prossimi mesi a fianco dell’ormai ex rivale, data la situazione familiare.
Con 11 stati in cui era riuscito ad imporsi e con un bottino di voti negli stati battisti del sud, notoriamente poco propensi a votare per un mormone, un eventuale ticket con Santorum potrebbe risultargli una scelta determinante per la vittoria finale.
Anche il presidente Obama, intanto, ha capito che la campagna elettorale è già iniziata e ieri da Boca Raton, in Florida, ha tenuto un discorso pubblico sulla cosiddetta “Buffett Rule”, la “regola di Warren Buffett”, che consiste nel tassare i ricchi con un’aliquota media superiore a quella imposta al ceto medio.
Il suo stratega per la campagna elettorale, tale Jim Messina, sta già studiando tutte le preferenze e i gusti dell’elettore medio americano, nel tentativo anche di spillare quanti più soldi possibili dalle sue tasche per finanziare una corsa per la Casa Bianca, che già in tanti pronosticano battere i record precedenti per le spese stratosferiche.
Un sondaggio del Washington Post – Abc rivela come oltre i tre quarti degli americani non si fidino della gestione dell’economia da parte di Obama, mentre Romney avrebbe il problema dell’antipatia.
Molto sull’esito del 6 novembre dipenderà dallo stato di salute dell’economia, oltre che dei colpi azzeccati di una buona campagna elettorale dell’uno o dell’altro candidato.