E’ stata aperta in mattinata la cassaforte dell’ormai ex tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito. Secondo quanto si apprende, sarebbero state trovate le prove su possibili spese per migliaia di euro in favore della famiglia di Umberto Bossi. In particolare, in queste ore sono al vaglio dei carabinieri del Noe, dei pm di Napoli, Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e John Henry Woodcock alcuni documenti trovati in una cartella dall’intestazione “The Family”, che lascerebbe presagire si tratti di carte che comprovino determinati pagamenti in favore dei familiari del Senatùr.
E trapelano le indiscrezioni dell’interrogatorio della dirigente leghista Nadia Dagrada, che avrebbe ammesso ai pm di Napoli e Milano di avere effettuato personalmente pagamenti svariati verso i Bossi, tanto che avrebbe impiegato ben dodici ore in tutto per dare conto di tutta la lista delle spese.
E proprio il capitolo Bossi è il più imbarazzante per il Carroccio, alle prese con un vero terremoto politico, come mai nella sua storia di oltre 25 anni di attività politica. Adesso, la posizione del leader è fortemente in bilico, tanto che lo stesso Umberto Bossi ha interrotto stamattina il silenzio che aveva tenuto da quando i carabinieri e la Guardia di Finanza avevano fatto irruzione nella sede di Via Bellerio, annunciando che oggi il parlamentino della Lega avrà come ordine del giorno la nomina del nuovo segretario amministrativo, che sarebbe, appunto, il nuovo tesoriere. Una precisazione, che suona come una smentita delle ipotesi di sue dimissioni, che pure circolano insistenti da ieri. E a conferma che non si tratti di voci isolate e che il suo passo indietro non sia più un tabù, ci sono le dichiarazioni del presidente della provincia di Treviso, leghista vicino a Roberto Maroni, che chiede ufficialmente al leader di dimettersi e all’ex ministro dell’interno di prendere il suo posto, sostenendo che sia l’unico uomo in grado di guidare la transizione, godendo del rispetto non solo dei militanti leghisti.
Ed emergono particolari molto sconvolgenti, con riguardo all’utilizzo dei fondi del partito da parte dei figli del Senatùr, che pare abbiano ricevuto denaro per almeno 200 mila euro, per finanziare determinate loro spese. Si parla, ad esempio, di diversi sfoghi al telefono da parte di Maroni o di Roberto Calderoli, infuriati con il figlio di Bossi, Renzo, per avere distratto fondi per pagarsi le multe o gli ingressi alle discoteche o quando i due ex ministri sono furibondi per l’utilizzo di tali fondi per pagare una scuola di proprietà della moglie di Bossi o del Sinpa, il sindacato padano di Rosy Mauro, vicinissima al Senatùr.
Addirittura, pare che gli inquirenti stiano monitorando il profilo Facebook di Maroni, dove il politico avrebbe postato alcuni commenti negativi contro la gestione delle finanze nel Carroccio, arrivando a chiedere più o meno esplicitamente a Belsito di andarsene.
Un altro capitolo oggetto di indagini riguarda quanto riportato oggi da “Libero”, ossia il lascito in eredità di una casa a Milano nel 2010 a Umberto Bossi da parte di un’anziana donna di Mantova, signora Caterina Trufelli. L’abitazione si trova in via Mugello, zona Viale Umbria, in area residenziale. Pare che sia stata venduta al prezzo di 480 mila euro e che il ricavato di tale cessione non sia mai apparso nei registri contabili del Carroccio. Tuttavia, adesso si cerca di verificare se il lascito sia stato effettuato verso la “persona” di Bossi o nella sua qualità di leader del partito, come farebbe pensare l’espressione che la donna avrebbe utilizzato nel testamento per riferirsi al beneficiario, “quale segretario della Lega Nord”.
Il successore alla tesoreria potrebbe essere Roberto Castelli, ma i nomi sono diversi, tra cui Stefano Stefani, attuale presidente della Commissione esteri della Camera, così come Silvana Comaroli, deputato di Cremona. Di certo, d’ora in avanti il famoso “cerchio magico”, che ha gestito il partito forse più di Bossi dal 2004, anno della sua malattia, sarà ridimensionato a ogni livello.
E in ogni caso, le dimissioni di Umberto Bossi sarebbero nell’aria. Questa volta pesa il tumulto della base, che chiede a furor di popolo di fare pulizia e attacca i vertici. E’ evidente, però, che dimissioni o meno, il danno reale è quello che subisce l’immagine del partito, quando mancano poche settimane alle elezioni amministrative.
E proprio il fattore tempo è quello che suscita più di un interrogativo. Quale che sarà la posizione di Belsito e del segretario del Carroccio, ancora una volta dobbiamo prendere atto che una campagna elettorale viene inquinata da elementi giudiziari, che in questo caso colpiscono l’unico partito all’opposizione del governo Monti, fatta eccezione per i dipietristi, che avevano votato in prima sede la fiducia e che tengono un atteggiamento più morbido verso l’esecutivo.
Possibile che solo adesso siano sbucati fuori gli elementi contro la gestione della tesoreria del partito? A pensare male si fa peccato, ma a vole ci si azzecca, disse una volta il navigato senatore Giulio Andreotti.