Ormai prossimi all’inizio della discussione nel merito della travagliata riforma del lavoro, i partiti sembrano voler allentare nelle ultime ore le tensioni di qualche settimana fa, in particolare Pdl e Pd smettono di pungolarsi a distanza e si scambiano oggi propositi di collaborazione. “Meglio fare la riforma insieme che separati” esordisce così Angelino Alfano, intervenendo ad un convegno a Palermo e manifestando nel contempo il timore che sulle proposte in campo si stagli l’ombra del “veto” della Cgil. Il segretario del Pdl ha voluto affermare il concetto che la priorità non deve essere quella di evitare di “scontentare il sindacato” ma piuttosto di non fare un cattivo servizio agli italiani, riuscendo infine ad approvare “una riforma che crei più sviluppo e occupazione”.
Sul fronte opposto, Pierluigi Bersani si spinge a credere che un accordo sarà possibile anche prima delle elezioni amministrative, e rispetto ai timori di Alfano reagisce stizzito, affermando che il Partito Democratico non dà conto a nessuno del suo operato, se non ad imprenditori e lavoratori.
“La nostra idea di società non può prevedere che il posto di lavoro sia sempre, unicamente, semplicemente, monetizzato anche in assenza di una giusta causa di licenziamento. Non appartiene ad un modello di società che abbiamo in testa noi. E non assomiglia ai migliori modelli di società che ci sono in Europa” ha ribadito il leader Pd, aggiungendo che l’esigenza di una mediazione sul tema dell’articolo 18 non viene dai soli sindacati ma anche da altre forze sociali come Confagricoltura e la Cei, un invito corale a riformare “tutti insieme” senza strappi e forzature.
Anche Pier Ferdinando Casini, intervenendo oggi ad un appuntamento pre-elettorale a Bologna, ha rivelato di aver avuto dei colloqui privati col ministro Elsa Fornero, ed ha sottolineato la necessità di fare presto e non portarsi dietro il fardello della riforma del welfare sino alle prossime elezioni politiche: “Credo che prima delle amministrative almeno un ramo del Parlamento debba approvare la riforma del lavoro che però, ribadisco, è molto più complessa del solo articolo 18. Sono convinto che si riuscirà a trovare un accordo e che alla fine potremo sostenere il progetto che il governo Monti porterà in Parlamento”.
Ma su tutti i buoni propositi dei principali leader di partito, più che la belligeranza della confederazione sindacale guidata da Susanna Camusso sembra proiettarsi l’atteggiamento gelido della Confindustria. “Se saltano le modifiche all’articolo 18, deve esserci allora una nuova proposta completamente diversa” ha affermato la presidente uscente Emma Marcegaglia, che giudica a quanto pare decisivo il tema della flessibilità in uscita e proferisce quella che può apparire una vera e propria minaccia: “In questo modo salta l’equilibrio della riforma, e piuttosto che una cattiva riforma del mercato del lavoro è meglio non farla o farla in un altro momento”.