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Berlusconi e gli ex An trovano intesa in pranzo segreto

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Giuseppe Timpone

Ieri, a Teatro Nuovo di Piazza San Babila, a Milano, gli ex An hanno festeggiato i 60 anni della fondazione del loro quotidiano, “Il Secolo d’Italia”, che fu del Movimento Sociale Italiano fino al 1995, quando poi il partito di Giorgio Almirante si trasformò in Alleanza Nazionale, per diventare successivamente uno degli organi di informazione del Popolo della Libertà, quando An e Forza Italia si fusero nel 2008, per dare vita al Popolo della Libertà. 60 anni di storia della destra italiana, raccontata dal quotidiano ex missino, che cadono in uno dei momenti più tormentati della storia dei moderati degli ultimi decenni.

Alla manifestazione erano presenti anche personalità non dell’ex An, come Maurizio Lupi e Paolo Bonaiuti, quest’ultimo in rappresentanza dell’ex premier Silvio Berlusconi. Ma aldilà delle battute e degli intenti ribaditi a ogni piè sospinto, aleggiava ieri una mesta aria di diffidenza tra le parti e un’insofferenza reciproca tra i fondatori del partito, che si era espressa benissimo nelle parole dell’ex ministro veneto, Giancarlo Galan, ex Fi: “la fusione non ha funzionato; separiamoci e al limite facciamo una federazione”.

Parole che non sono andate giù proprio agli ex An, i quali ritengono di non dovere essere più aggettivati come “ex qualcosa”. Lo dice chiaramente il coordinatore Ignazio La Russa, il quale sostiene che si è tutti del PDL e che indietro non si torna. Ma che le sue non siano solo parole di circostanza lo fa capire il fatto che egli le abbia pronunciate direttamente al presidente Berlusconi, che ha ricevuto gli ex An nella sua abitazione milanese in un pranzo di lavoro segreto, in cui sono state affrontate tutte le questioni più spinose della situazioni politica attuale, a partire dalla riforma della legge elettorale, che a La Russa e ai suoi non va proprio giù.

Oltre al coordinatore c’era anche il capogruppo al Senato, Maurizio Gasparri, mentre ha declinato l’invito Altero Matteoli, che rappresenta oggi l’anima più insofferente dell’ala destra del partito.

Nel corso del pranzo, La Russa e Gasparri hanno sintetizzato benissimo le loro impressioni all’ex premier: stai attento a non fare una legge elettorale cucita apposta per Casini e gli ex Dc, perché rischia di saltare il bipolarismo e tutto quello che il berlusconismo ha creato in questi ultimi venti anni.

Il richiamo è al tentativo del vertice ABC (Alfano-Bersani-Casini) di tornare a un proporzionale corretto, ma senza la costrizione di alleanze, che non sarebbero più dichiarate prima del voto, come avviene nel sistema tedesco.

Berlusconi sarebbe tentato dal dare il suo assenso a un modello fortemente proporzionale, che al limiti assegni un premio di maggioranza al partito che ottiene più voti o ai primi due. Questo, per non fare dipendere eccessivamente il PDL da alleati come il Carroccio o Casini, anche se il ragionamento funzionerebbe a patto che il partito regga e non venga, al contrario, travolto dagli eventi.

Gli ex An vi vedono il rischio di una svolta centrista, in cui domini Casini e dove il loro raggio di azione sarebbe fortemente ridimensionato. Per questo, sono i migliori fautori di un ritorno all’alleanza con la Lega, che garantisce un modello politico bipolare, in cui il centrodestra è imperniato su un asse, che rende meno essenziale il centro.

Tutto questo avrebbero detto al presidente Berlusconi, oltre al fatto che essi rappresentano la migliore garanzia per la sua leadership politica. E pare che l’ex premier abbia apprezzato, tanto che dalle colonne de “Il Giornale” si parla di “asse”.

Ma la questione della legge elettorale sta mettendo in evidenza una certa distonia tra Berlusconi e il suo pupillo Alfano. Gli obiettivi dei due, infatti, non è detto coincidano nel medio termine. Il primo avrebbe l’esigenza di conservare il conservabile di questo sistema partitico, puntando probabilmente a rafforzare la sua posizione, in vista del rinnovo di una carica molto importante nel 2013, ossia quella del presidente della Repubblica.

Alfano punta, invece, a garantirsi un asse con i centristi, che lo rafforzi alle elezioni politiche del 2013, perché è evidente che fallire quella prova, per lui che non è ancora stato investito “popolarmente” della carica, segnerebbe la fine della sua leadership nel PDL.

Ma la legge elettorale non sarà discussa prima del voto delle amministrative di questa primavera. Solo quando i tre partiti che sostengono Monti avranno chiaro il quadro dei numeri in cui sono relegati, potranno giocare la partita, avendo consapevolezza delle dimensioni nella nuova Italia post-berlusconiana.

Sempre tra Berlusconi ed ex An si sarebbe trovata una convergenza sul fatto che la politica di Monti farebbe sì più danni al PD, ma allo stesso tempo non è accettabile un accanimento fiscale contro la piccola e media impresa, che rischia lo strangolamento.

Per questo, dopo le amministrative, il PDL potrebbe cavalcare la lotta agli sprechi pubblici come cavallo di battaglia alternativo alla retorica di più tasse per tutti. Non ci dovrebbero essere strappi con il governo, ma frizioni tante.

 

 

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Giuseppe Timpone