Una visita storica e molto delicata, quella che il Pontefice Benedetto XVI si accinge a compiere sull’isola di Cuba. Cade a 14 anni di distanza dall’ancora più storico primo incontro tra Giovanni Paolo II e l’ex dittatore in carica Fidel Castro, che avvenne nel 1998 e che tante speranze aveva suscitato tra la comunità cattolica cubana e gli oppositori al regime. Da allora, tante cose sono cambiate, ma tante sono rimaste uguali. Giovanni Paolo II non c’è più, al suo posto che Papa Ratzinger. Anche l’interlocutore non è lo stesso, ma ha lo stesso cognome, perché il presidente cubano è Raul, fratello del più noto e leggendario Fidel.
La visita di lunedì del Papa arriva dopo quella in corso in questi giorni in Messico, dove il Santo Padre è stato accolto da una folla oceanica all’aeroporto dello Stato del Guanajuato e dove una Papa-mobile lo ha condotto nella capitale Leon. Erano circa 100 mila le persone schierate ai bordi dei 35 chilometri che il Pontefice ha dovuto percorrere per arrivare a destinazione.
E una sua frase, forse anche improvvisata, ha già conquistato i cuori dei messicani, quando il Pontefice ha condannato il narcotraffico e ha baciato alcuni ragazzi disabili, che lo attendevano all’arrivo. Il problema è qui gravissimo. Il Messico è diventato uno degli stati più pericolosi al mondo, a causa del numero altissimo di omicidi commessi dai narcos, che spesso decapitano anche semplici blogger, nel tentativo di imporre un clima di assoluto silenzio sulle loro responsabilità. E’ diventata una sfida alla vita qui anche solo cliccare su “mi piace” su Facebook, con riguardo ai link o ai post di denuncia del problema del commercio di droga.
Il Papa resterà in questo cattolicissimo stato (l’85% dei messicani è cattolico praticante) fino a lunedì, quando volerà verso Cuba, dopo una sosta intermedia all’aeroporto di New York.
E già si parla dell’effetto Ratzinger, perché mai, si dice, si erano viste così pulite le strade della capitale L’Avana e di Santiago. Almeno un primo risultato la visita l’avrà avuta.
Per il resto, un pò tutti nutrono grandi attese dall’incontro tra Ratzinger e Raul Castro e per ragioni opposte, così come nel 1998. Gli oppositori sperano che il Pontefice sia d’aiuto per un’effettiva apertura del regime ai diritti politici e individuali, compresa la libertà religiosa. Per questo, le cosiddette “donne in bianco”, ossia le mogli dei condannati dal regime, hanno chiesto di incontrare Benedetto XVI, ma sull’eventuale faccia a faccia non si sa nulla. Il Vaticano vorrebbe evitare di creare tensioni con il regime, che si trasformerebbero in un boomerang proprio per gli oppositori politici e i cattolici.
Anche il regime spera di rilanciare sé stesso con la visita del Papa. Non è un mistero che il comunismo cubano sia moribondo da tempo, tanto che il governo da mesi tenta di attuare una sua conversione a macchia di leopardo al libero mercato, pur senza mettere in forse l’impianto generale dell’economia pianificata.
E in una nota emessa dal Pontefice alla partenza da Roma, si afferma che il marxismo così come oggi è concepito non corrisponde più alla realtà. Al contempo, Benedetto XVI ha riaffermato il dovere della Chiesa di educare le coscienze, anche se ha ribadito che essa non è un partito politico.
Di cosa discuteranno i due leader tra due giorni? Secondo indiscrezioni, il Papa dovrebbe chiedere a Raul Castro una maggiore apertura alla Chiesa, con la possibilità per le comunità cattoliche di costruire luoghi di culto dappertutto sull’isola.
Il regime, dal canto suo, ha già fatto una timida apertura, consentendo l’ingresso a centinaia di giornalisti, che potranno coprire integralmente il viaggio del Papa e potranno anche permettersi di fare domande alla popolazione locale, cosa fino ad oggi assolutamente vietata. Si tratterebbe del malcelato tentativo dei castristi di fornire per l’evento un’immagine di apertura al mondo, che rischia, però, di essere il solito specchietto per le allodole.
Già nel 1998, la visita di Giovanni Paolo II aveva suscitato enormi aspettative. Fidel Castro allora aveva promesso che Cuba si sarebbe aperta alla liberà religiosa, consentendo il pieno esercizio individuale del cattolicesimo. Sappiamo come andò a finire. Malgrado la persecuzione anti-cattolica sia stata allentata, il regime non ha accennato a diminuire la repressione sulle opposizioni e su tutte quelle forme di espressione non marxiste.
Quasi un anno fa, la Chiesa è però riuscita nella difficile mediazione per la liberazione di 200 prigionieri politici. Non per questo, tuttavia, si è fermata la persecuzione di blogger e oppositori, alcuni dei quali sono deceduti nelle carceri isolane.
Per questo, nessuno si illude che da lunedì ci sia un cambiamento reale nelle condizioni di vita degli abitanti cubani. Fino a quando al potere rimarrà lo stesso nucleo che nel 1959 portò Fidel alla guida della “baia dei porci” non si potrà sperare in qualcosa di più che nella libera vendita dei telefonini o nella rimozione delle numerose autorizzazioni per l’acquisto di una casa.